Vedere i film di Ivano De Matteo è come affacciarsi pericolosamente su un precipizio, farsi accompagnare per parecchio tempo da un senso di capogiro causato dal fatto che si è costretti a guardarsi nel profondo. Non si tratta di elucubrazioni psicoanalitiche, ma di distillati di urgenti motivazioni politiche e sociali che premono tanto da dover essere espresse: così è stato per Gli equilibristi, il dramma dell’impoverimento repentino dei padri separati, o di I nostri ragazzi che esprimeva tutto il panorama amorale contemporaneo assorbito dalle nuove generazioni. La bella gente sarebbe stato perfetto come prologo dello stato delle cose se fosse uscito al momento in cui è stato girato, cioè almeno sei anni fa: sarà invece nelle sale giovedì 27 per un complicato problema legato dalla distribuzione che ha messo in moto tutta l’energia del regista per risolvere l’intricata questione. Detto così sembra semplice, ma è stata una vera odissea che ha provocato al regista rabbia e depressione, paura di un futuro oscuro (ed è un brivido che percorre tutto il film Gli equilibristi) per un lavoro così complesso come è un film che non segue il suo cammino.
La «bella gente» è quella che in alcuni film italiani abbiamo visto talvolta rappresentata, gli ex militanti di sinistra dalla mentalità aperta che hanno fatto carriera, si sono ben sistemati e si godono le vacanze in luoghi esclusivi, finché qualcosa va a sbattere contro la loro vecchia coscienza di classe: in questo caso una giovanissima prostituta picchiata sul bordo della strada dal suo protettore. Tutto lo sdegno di Susanna, una psicologa che lavora in un centro di sostegno per donne maltrattate si concretizza nella volontà di accogliere la ragazza nella sua bella casa di campagna, nonostante qualche resistenza da parte del marito che poi acconsente. Ma le cose si complicano con l’arrivo del figlio a cui non passa inosservata la giovane bellezza. L’altruismo va bene, finché si svolge nei luoghi adatti e circoscritti e senza invasioni di campo. È tutta una questione di classe. Ivano De Matteo in conferenza stampa porta con sé un il testo di «L’anima dell’uomo sotto il socialismo» di Oscar Wilde («La maggior parte degli esseri umani rovinano la propria esistenza a causa del loro altruismo…»), a noi invece fa venire subito in mente il diario di Nelly (nella ricostruzione di Giménez-Bartlet, la domestica di Virginia Woolf che – tra le altre cose – scopre con stupore che anche una semplice serva poteva desiderare la vittoria dei laburisti proprio come gli illustri padroni. Un essere umano come gli altri, basta che non si intrometta nella vita familiare, che non osi alzare la testa come quando intimò alla padrona di uscire dalla «sua» stanza. Tutto il travaglio che portò a definire la differenza di classe tra Virginia e Nelly in trent’anni di scaramucce, passa sul volto di Monica Guerritore (nella parte dell’elegante Susanna) nella durata di un film. È notevole la messa in scena di questo gruppo di attori, ben caratterizzati (la preparazione ha seguito i tempi teatrali, molte prove e breve lavorazione), una messa in scena senza prediche. Antonio Catania, come è nel suo personaggio, media tra i vari familiari, Elio Germano balza di scena in scena con giovanile vigore, Iaia Forte spinge l’acceleratore sulla pesantezza della ricca borghese.
«Susanna è una donna non diversa da noi, la «bella gente» è esattamente come noi, commenta Monica Guerritore. Si evidenzia nel film come persone che vorrebbero fare del bene si fermano poi alla superficialità delle cose e non sono in grado di affrontare le conseguenze». Dice il regista: «Abbiamo girato il film nel 2009 e lo sento attuale, lo avrei girato così anche oggi, anche se oggi ci sarebbero state più porte chiuse, una maggiore paura. Il problema non è solo accogliere, ma per quanto tempo accogliere. Ci vuole forza, fatica per mantenere ideali forti». E con questa forza De Matteo è riuscito a far uscire il film, dopo aver rifiutato una distribuzine italiana che ne avrebbe snaturato il senso (mentre accolto da un distributore francese, la stampa ne parlò in termini entusiastici). A causa di alcune proiezioni «corsare» il film ha anche avuto problemi, come la denuncia per averlo fatto vedere (gratuitamente) in una proiezione al Teatro Valle alcuni anni fa. Questa uscita in sala è come un trionfo (ed è accompagnato anche da un libro sul film, con la sceneggiatura di Valentina Ferlan, il romanzo, tutte le vicende, per la Ned, nuova casa editrice).
«E una vittoria politica, dice De Matteo, una vittoria di regista, di attore, di uomo. A chi mi diceva «lascia perdere» ho risposto con ancora più rabbia, il film era finito e volevo che fosse visto, ho studiato le leggi e alla fine il film esce. È un bene per il cinema italiano che escano i film che sono prodotti con soldi pubblici e che non rimangano chiusi, devono trovare un circuito».