Una bisnonna sconosciuta che d’improvviso entra nella vita della dodicenne Isabel attraverso una fotografia sbiadita che, nel giro di pochi secondi, diventa un oggetto transizionale da cui è impossibile separarsi. Nipote e antenata daranno l’avvio a un dialogo segreto, una danza di conoscenze e di rimandi, con affettuosi consigli, frasi provocatorie, momenti di malinconia. La solitudine è bandita e la vita quotidiana si trasforma così in un atlante dove ogni persona è un tassello di un albero genealogico saldamente tenuto insieme dalla memoria. E il fil rouge che collega generazioni lontane nel tempo torna a tessere potentemente la sua ragnatela.

Ana Maria Machado (nata nel 1941, esule durante la dittatura quando si stabilì in Europa tra Parigi e Londra per lavorare come giornalista alla Bbc e per Elle), è una delle protagoniste della letteratura brasiliana per adulti e ragazzi che sarà a Bologna. Il suo Bisa Bisa Bisa Bel ha venduto circa 22 milioni di copie: a maggio, la casa editrice Giunti lo porterà fra gli scaffali italiani (pp.96, euro 10, illustrazioni di Desideria Guicciardini). Fra i romanzi tradotti nel nostro paese c’è Infamia (Exòrma), una dolorosa storia giocata sul confine fra verità e menzogna.

 

Nel 1979, lei aprì una delle prime librerie dedicate alla letteratura per ragazzi in Brasile. Si chiamava Malasartes…
All’epoca, si cominciavano a pubblicare un gran numero di buoni libri per bambini. Eravamo nel pieno del cosiddetto boom della letteratura per l’infanzia, sto parlando dell’inizio degli anni Settanta. Ma era difficile trovare un luogo dove mostrare gli albi e i romanzi per i più giovani, perché le librerie generiche non avevano molto spazio. Fra gli autori più amati, divenuto subito un classico, c’era Monteiro Lobato: aveva scritto e pubblicato moltissimo, dal 1920 fino alla sua morte, avvenuta nel 1948. Il livello di qualità della scrittura si era innalzato, ma quella letteratura stentava a trovare il suo «posto». Così decisi di aprire la mia libreria a Rio de Janeiro: fu un successo. Ci ho lavorato per 18 anni, poi l’ho venduta. Oggi ancora esiste.

Lei ha scritto molto sia per ragazzi che per adulti. È difficile far coincidere le sue figure?
No, per me è una cosa naturale. Ero la più grande in una famiglia con undici figli. Ho una marea di nipoti e ho sempre raccontato storie adatte alle loro diverse età. In fondo, è qualcosa che facciamo tutti, parliamo ogni giorno con persone di generazioni differenti. Non c’è niente di misterioso in tutto ciò.

I dati di lettura dei bambini in Brasile sono confortanti? Che misure ha adottato la politica per stimolare questa attività?
Abbiamo vissuto per lungo tempo un problema terribile: la maggior parte della nostra popolazione non sapeva né leggere né scrivere. Soltanto venti anni fa si è raggiunta una scolarizzazione del 98% dei ragazzi. Molti, però, provenivano da case dove i libri non erano mai esistiti e da famiglie che non erano abituate a leggere. Il governo ha fatto sforzi giganteschi per sostenere un programma di massiccia distribuzione di libri nelle scuole. Il governo Cardoso (1994-2002) cominciò ad acquistare libri per le biblioteche scolastiche e i bambini li potevano anche portare a casa. Lula, nel suo primo anno, interruppe questa consuetudine, ma furono così tante le proteste che dovette tornare sui suoi passi, riprendendo quella strada e sostenendola fino al 2010. Nel tempo, la lettura è diventata una politica dello stato, non più un programma legato al succedersi dei governi. Contribuiscono alla sua efficacia anche sponsor, partnership, iniziative varie. L’accesso ai buoni libri per bambini non è più un problema in Brasile, attualmente. Ma è importante aggiornare gli insegnanti: sono loro adesso a dover superare uno scarso approccio alla letteratura per l’infanzia.

Il suo libro «Bisa Bisa Bisa Bel» e quel passaggio di «informazioni» sentimentali e pratiche tra generazioni ha qualcosa di autobiografico?
Molto poco. Il libro vive dentro un contesto magico e niente di ciò che narra può realmente accadere nella vita. Ma, in un senso metaforico e poetico, credo che ognuno di noi possa condividere quella sensazione. I nostri antenati vivono dentro di noi. Noi stessi tramanderemo un patrimonio di esperienze ai nostri discendenti.