Uno scenario politico da incubo. È quello che emerge dal sondaggio sulle intenzioni di voto dei tedeschi diffuso ieri dalla tv pubblica Ard. Secondo quanto rilevato dall’autorevole società demoscopica Infratest, attualmente alla destra nazionalista di Alternative für Deutschland (Afd) è accreditato il 16% dei consensi: un record.

Per ora, la virata di Angela Merkel sul tema dei profughi, dopo la pesante sconfitta alle amministrative di Berlino, non dà evidentemente gli effetti che la cancelliera sperava. I democristiani della Cdu/Csu non recuperano: restano in uno stagnante 32%, che significherebbe il peggiore risultato di sempre, eccezion fatta per il 1949. Rispetto alle elezioni politiche del 2011 – un’era geologica fa – sarebbe un arretramento di 9,5 punti. «Il sondaggio rileva una difficoltà in tutti i partiti attualmente rappresentati al Bundestag» ha commentato sulla difensiva Peter Altmaier, braccio destro di Merkel nella cancelleria. Mal comune, mezzo gaudio: non un granché come ragionamento politico.

Purtroppo è vero che dall’inchiesta di opinione emerge un quadro poco confortante anche per le forze «a sinistra del centro». Numeri che renderebbero matematicamente impossibile una maggioranza progressista formata dai socialdemocratici della Spd, dai Verdi e dalla Linke.
Il partito del vicecancelliere Sigmar Gabriel si fermerebbe al 22%, toccando il punto più basso dal dopoguerra. Gli ecologisti sarebbero gli unici ad aumentare rispetto alle precedenti politiche, raggiungendo un dignitoso 12%, mentre la Sinistra resterebbe stabile all’8%. A completare lo scacchiere i liberali della Fdp, stabilmente in crescita, che con il 6% tornerebbero ad avere seggi nel Bundestag grazie al superamento della soglia di sbarramento (fissata al 5%). In generale, sarebbe una Germania con un baricentro più a destra rispetto a quello uscito dalle urne del 2011.

Con simili rapporti di forza, la grosse Koalition fra democristiani e socialdemocratici potrebbe continuare, poggiandosi però su numeri molto meno confortevoli di quelli attuali. Fra le altre ipotetiche intese, quella fra Cdu/Csu, Verdi e liberali della Fdp: i media tedeschi la chiamano «coalizione Giamaica», dai colori tradizionali delle tre forze politiche (neri i democristiani, gialli i liberali). A Merkel potrebbe non dispiacere, e altrettanto all’ala moderata dei Grünen, quella che ha in Winfried Kretschmann, popolare governatore del Baden-Württemberg, il suo esponente più rappresentativo. Risulterebbe indigesta, però, all’ala bavarese della famiglia democristiana, così come alla corrente di sinistra degli ecologisti: a dividere è soprattutto il tema-chiave dei migranti. Difficile, dunque, che l’opzione «giamaicana» diventi realtà, anche se in politica nulla è impossibile.

Per fortuna le elezioni saranno nel settembre dell’anno prossimo, e il tempo perché la situazione sia meno scoraggiante c’è tutto. Dodici mesi prima delle precedenti politiche i sondaggi fotografavano una realtà che sarebbe poi considerevolmente mutata con il progressivo avvicinarsi delle urne: la Cdu/Csu recuperò 5 punti e altrettanti ne persero per strada i socialdemocratici, anche a causa della sciagurata decisione di presentare come candidato cancelliere l’ex ministro Peer Steinbrück.

Ad oggi non si sa nemmeno ancora chi guiderà le due principali forze politiche nella corsa elettorale: né Merkel né il suo vice Gabriel, che della Spd è il segretario, hanno sciolto le riserve. Al di là delle loro intenzioni, nelle file dei rispettivi partiti non sono pochi quelli che pensano (ma per ora non dicono) che il candidato di punta dovrebbe essere qualcun altro. La cancelliera è ormai invisa all’elettorato più conservatore, e il suo vice non scalda certo i cuori fra i ceti popolari. Il recupero dei voti in uscita verso la Afd rischia di essere per Merkel e Gabriel un’impresa impossibile.