È un nastro interminabile di gente che saluta, applaude, grida con passione- «Fidel es Cuba», «hasta siempre»- sventola bandierine «dalla stella solitaria», getta fiori.

Un nastro che si snoda dall’Avana verso oriente, al passaggio della Caravana de la libertad, quella che accompagna e scorta il carro scoperto con l’urna di cedro che contiene le ceneri del Comandante della Rivoluzione dirette al cimitero di Santiago, dove domenica saranno inumate. Un nastro, compresi i punti di fermata nelle città – Villa Clara, con il mausoleo del Che Guevara, Sancti Espiritus, un piccolo gioello di architettura coloniale, e infine, ieri, Camaguey- dove è rappresentata tutta la società cubana, dai camici bianchi di medici e infermieri alle le uniformi dei giovani dei vari gradi scolastici, dei cappelli di paglia dei guajiros, uomini e donne del campo, al verde olivo dei militari.

È IL LUNGO E COMMOSSO ADDIO del popolo cubano al suo lider maximo. Che ieri sera, a Camaguey nel centro dell’isola, è stato celebrato con una veglia organizzata dagli artisti della provincia nel centrale parco Ignacio Agramonte. Perché, dichiara alla tv della provincia un giovane musicita locale, «gli artisti devono molto a Fidel». È questa un’opinione comparita da Miguel Barnet, poeta e scrittore (in Italia pubblicato da Einaudi) e presidente dell’Unione degli scrittori e artisti di Cuba, Uneac. «È difficile – afferma – segnalare un successo di Cuba nel campo della cultura che non sia relazionato con Fidel. Come del resto nella medicina, nell’educazione, nella scienza. Nel continente sono esistiti pochi uomini con una visione così integrale, olistica, completa».

E sulle dita di una mano enumera: la campagna di Alfabetizzazione, la Scuola dell’Arte (oggi università, una delle opere archiettoniche più significative dell’America latina), la fondazione dell’Istituto cubano dell’arte e industria cinematograca, Icaic,( che fra pochi giorni inaugurerà la 38°edizione del Festival del nuovo cine latinoamericano), la Casas de las Americas, l’Uneac stessa.

«Per questo Fidel è vivo – continua. Per le sue opere, per il suo pensiero». Uno degli ultimi successi, «un ultimo regalo a Fidel» sostiene, è venuto mercoledì dall’Unesco che ha inserito la rumba cubana nella Lista rappresentativa del patrimonio immateriale dell’umanità.

CON UNA FORTE PRESENZA della cultura africana, fusa con altre espressioni artistiche, la rumba, con la sua musica, canti, movimenti e gesti «esprime uno spirito di resistenza e autostima» di una parte della società cubana, quella di origine africana, una volta emarginata e sfruttata e che la Rivoluzione ha reintegrato a pieno titolo. Come pure alla santeria, nome comunemente associata ai vari riti della religione afrocubana, la quale produce in maniera naturale, come in pochi paesi del mondo, una singolare simbiosi tra l’immaginario del cattolicesimo (religione della Cuba colonia spagnola) e i culti, soprattutto yoruba, praticati dagli schiavi neri deportati dall’Africa.

Nei primo periodo della Rivoluzione la politica di Fidel fu assai dura nei confronti della Chiesa cattolica – di fatto la maggioranza dei preti era di origine spagnola e, con l’eccezione di alcuni prelati baschi, di destra se non apertamente falangista- mentre si dimostrò più tolerante con le espressioni popolari della religione afrocubana.

Tanto che il Comandante, come altre importanti figure politiche cubane, è stato associato alla santeria. «Sempre vi è stato un lato esoterico in Fidel, alimentato naturalmente dalla santeria afrocubana», ebbe ad affermare Georgie Anne Geyer nel suo libro Guerrilla Prince: the untold story of Fidel Castro.

Si cita con frequenza, in questo senso, l’episodio occorso mentre Fidel, giunto all’Avana dopo la vittoria della sua guerriglia l’8 gennaio 1959, rivolse un appassionato discorso alla popolazione. A un certo punto, una colomba bianca si posò sulla sua spalla.

FATTO INTERPRETATO dai cubani e dai santeros come un segnale che era «el elegido», l’eletto. Anche la scelta di seppellire le sue ceneri domenica viene considerata legata alla religione afrocubana.

Domenica infatti i cattolici celebrano il giorno dedicato a Santa Barbara, vergine e martire cristiana decapitata dal proprio padre.

Ma la grande maggioranza dei cubani festeggia quella divinità che, nel culto sincretico della santeria, le viene associata: Shangó, uno dei principali orishas, o divinità del panteon yoruba, rappresentato dai colori rosso e nero. E certamente uno dei più amati e venerati, perché è un dio guerriero, rappresentato dal tuono e dal fulmine, associato alla giustizia, alla virilità e al fuoco.