Il rapporto dell’Associazione degli editori italiani ha qualificato il 2013 e il 2014 come gli anni della «Grande trasformazione». Di fronte a una lenta, ma costante riduzione nella vendita dei libri e un non sufficiente aumento delle vendite degli ebook per compensare le perdite della «carta» e la moria di piccole e medie casa editrici, la soluzione emergente è la concentrazione del mercato editoriale in poche mani.
Può essere letta così la ratifica dell’acquisto della divisione libri di Rcs da parte di Mondadori. Per 127 milioni di euro gli storici marchi di Rizzoli (Bompiani, Marsilio, Bur, Fabbri, Sonzogno) entreranno a far parte della scuderia Mondadori, che ha marchi importanti nel suo carnet (oltre all’omonima Mondadori) come Einaudi, Sperling&Kupfer, Electa, Piemme.

Il nuovo gruppo, Mondazzoli, come è stato ironicamente chiamato l’esito della fusione, evocando quelle bestie medievali nate dall’incrocio di due animali incompatibili tra loro, controllerà il 35 per cento del mercato editoriale, diventando la prima holding dell’editoria italiana. Ad essere esclusa dall’operazione la Adelphi: il 58 per cento delle azioni detenute da Rcs sarà ceduto all’altro grande azionista, Roberto Calasso, figura storica del marchio. L’ultimo passaggio tocca ora all’Antitrust, che si deve esprimere sul rischio di una posizione monopolista del nuovo gruppo.

Dunque, un’accelerazione nella concentrazione oligopolistica made in Italy, anche se non mancano rumors: il secondo passaggio alla «normalità», l’internazionalizzazione, sarebbe già in cantiere e vede come probabile partnership la tedesca Bertelsmann, uno dei gruppi globali dell’editoria. Di certo rimane il fatto che le Borse italiane hanno premiato l’accordo raggiunto: le azioni Mondadori hanno guadagnato in apertura di seduta il 3,89 per cento, mentre quelle Rcs oltre il 5 per cento.

Per quanto riguarda le reazioni, non si sono fatte attendere quelle dell’amministratore delegato di Mondadori, Ernesto Mauri, che ha sottolineato la dimensione strategica dell’operazione, propedeutica a reggere la concorrenza in un settore dove contano soprattutto i numeri.
Ha utilizzato, invece, la metafora ciclistica il presidente di Rcs Paolo Mieli, considerando i due gruppi come Bartali e Coppi: due eccellenze che continueranno a pedalare ognuno inseguendo i suoi obiettivi. La Cgil ha sottolineato i rischi di una concentrazione troppo accentuata nel settore editoriale, che potrebbe danneggiare le piccole case editrici, sollecitando poi una presa di posizione dell’Antitrust e invitando alla vigilanza per il mantenimento dei livelli occupazionali.

Dario Franceschini da parte sua, ha continuato a non aderire, né sabotare. Il governo, ha affermato il ministro dei Beni culturali, non interverrà, ma sarà l’Antitrust a esprimere il suo parere, con la speranza che lo faccia al più presto.

Da quando Mondadori ha mostrato la volontà di acquisire Rcs libri non sono mancate prese di posizioni, allarmi, interventi critici. Feltrinelli ha esternato la sua preoccupazione attraverso alcune interviste di Inge Feltrinelli, che ha detto di considerare la fusione un colpo alla «biodiversità» editoriale, omettendo il fatto che la sua casa editrice ha spinto alla concentrazione oligopolistica in un altro settore vitale per l’editoria, la distribuzione e la vendita. Sfumata la presa di posizione del gruppo Mauri Spagnol, che si è augurato che il nuovo «gigante» non cancelli le specificità dei marchi del gruppo Rcs, fattore importante per la vitalità di un settore che sempre più punta su scrittori e saggisti «sicuri» e mette in secondo piano lo scouting su nuovi autori.

La critica più dura all’operazione è venuta però da firme pesanti del gruppo Rcs che, in una lettera aperta lanciata da Umberto Eco e sottoscritta da 47 autori, chiedeva di fermare l’operazione perché potenzialmente lesiva della libertà di scelta dei singoli marchi. E visto che dietro Mondadori si staglia l’ombra di Silvio Berlusconi non poche sono state le voci che hanno parlato di un potenziale azzeramento della libertà di espressione e decisione delle case editrici del gruppo Rcs.

L’esperienza degli altri paesi evidenzia però un ulteriore dato: quando c’è concentrazione editoriale, i grandi gruppi occupano la maggior parte del campo in gioco, senza tuttavia cancellare le voci «critiche» o gli scrittori «scomodi». I grandi gruppi sono infatti «generalisti» e nei cataloghi si possono trovare autori mainstream – quelli che in gergo sono chiamati autori per il mass market – e scrittori e saggisti «ribelli», che hanno anche loro un pubblico al quale non si vuole rinunciare, data la costante riduzione delle vendite.

Il già citato rapporto dell’Associazione degli editori italiani parla di mercato complessivo, per la carta, di 2 miliardi e 666milioni, poco più del 6 per cento in meno rispetto il 2013, anno già nero per l’editoria, e una riduzione di lettori che ha intaccato lo zoccolo duro dei lettori italiani, cioè di quel 18 per cento di acquirenti che comprano più di un libro al mese.

L’editoria, al pari dei giornali, vede la «carta» annaspare, mentre il digitale cresce, ma non nella misura giusta per poter compensare le perdite. Il mercato degli e-book è cresciuto del 7 per cento nel 2014: tradotto, poco più di un milione di italiani acquistano la versione digitale di un libro. E qui la parte del leone, in termini di fatturato, la fa Amazon, mentre arrancano le società italiane di vendita elettronica. Di fronte a percentuali e numeri in assoluto con un segno sempre meno, i grandi gruppi editoriali devono puntare a difendere le quote di mercato anche attraverso fusioni. Quel che non emerge è invece una visione transmediale delle case editrici, cioè il fatto che lo stesso libro può essere letto su piattaforme digitali diversificate, dalla carta all’ebook, all’audiolibro.

Un altro aspetto meno indagato è la crisi delle case editrici piccole e medie. Pubblicare un libro costa ancora molto, nonostante la retorica racconti che computer e tecnologie digitali avrebbero ridotto sensibilmente i costi di stampa; distribuirlo anche, farlo restare per più di dieci giorni esposto in una libreria è quasi mission impossible. Se calano le vendite, si moltiplica la stampa di titoli che hanno una diffusione limitata, quando non inesistente. In un recente incontro sull’editoria indipendente svoltosi a Roma organizzato dall’associazione Doc(K)s, molti relatori hanno parlato di migliaia di libri senza lettori. Una tendenza alimentata anche dalla diffusione del self publishing, la pubblicazione in proprio di un libro avvalendosi di una delle tante imprese che lo consentono (ma anche qui la concentrazione sta marciando a grandi passi, con Amazon che fa prezzi stracciati rispetto ad altre società).

Per oggi a Segrate possono essere contenti. Marina Berlusconi ha subito mandato a dire che è soddisfatta dell’accordo.
Silvio Berlusconi, invece, è rimasto in disparte. Di certo è che la sua biografia, autorizzata, va da sé, a firma del giornalista inglese Alan Friedman è pubblicata da Rizzoli e il suo lancio è stato annunciato solo alcuni giorni fa. Poche ore prima dell’annuncio dell’accordo di acquisizione di Rizzoli da parte di Mondadori.