Uno dei film più attesi della Settimana della Critica è il film palestinese, Villa Touma, che segna l’esordio alla regia di Suha Arraf, ben conosciuta sceneggiatrice di La sposa siriana e Il Giardino di limoni, film diretti da Eran Riklis, nato a Gerusalemme e cittadino del mondo, appassionato difensore della pace tra israeliani e palestinesi, film che sono il miglior commento alla drammatica situazione di ciò che sta succedendo in quell’area del mondo.
Suha Arraf – che nei film da lei scritti ha ritagliato uno spazio chiuso che nel suo breve perimetro sintetizzasse conflitti giganteschi e insolubili – qui sceglie l’inaccessibile villa di tre nobildonne dell’aristocrazia cristiano ortodossa di Ramallah (che per lo più è emigrata all’estero), rimaste sole con quello che resta del loro patrimonio impoverito, forti di un rango da difendere a qualunque costo. Guidate dalla sorella maggiore che ha rinunciato al matrimonio per dedicarsi alle minori dopo la morte dei genitori, non transigono dal «tono» da dare alla loro vita di recluse, dopo la morte del marito di una di loro e il mancato matrimonio dell’altra con un fidanzato non all’altezza, partito poi per l’America come la maggior parte dei cristiani di quella zona. Nulla dovrebbe cambiare neanche con l’arrivo della nipote Badia (Maria Zreik), fino ad allora ospite dell’orfanotrofio, dopo la morte del padre, loro fratello rinnegato perché sposò una donna musulmana.
A Badia verranno insegnate le buone maniere, le regole adatte a una figlia di famiglia, il pianoforte, il francese, gli abiti adatti da indossare nelle occasioni ufficiali. E poi non si deve mai stare con le mani in mano, inquadrate a cucire sul terrazzo, proprio come in un quadro di Gioacchino Toma, che ritraeva la stessa piccola aristocrazia. Tutto un codice che stride con il senso di rovina che potrebbe colpire prima o poi la famiglia e con la tremenda situazione che circonda la villa, dove si contano i morti dei conflitti a fuoco.
Lo scopo è quello di trovarle presto un marito, e i buoni partiti vanno cercati ai matrimoni, ai funerali, alle cerimonie religiose, o aprendo per la prima volta, dopo tanto tempo, la casa a piccoli ricevimenti. Ma anche Badia, come la madre, trasgredisce alle regole. L’oggetto del suo desiderio è Khaled, un giovane musulmano (Nicholas Jacob, era in Out of the dark di Michael Myer del 2012, storia d’amore tra uno studente palestinese e un avvocato israeliano).
L’universo femminile Suha Arraf ha cominciato a indagarlo nei documentari di cui è stata produttrice, tra questi Women of Hamas (2010), vincitore in numerosi festival internazionali. Non parlavano quasi per niente le due donne che si fronteggiavano in Lemon Trees, la palestinese padrona del giardino e la moglie del ministro israeliano, ma da quei silenzi emergeva tutto il conflitto e la solitudine che attanagliava la vita di una e dell’altra.
Anche a Villa Touma non si parla tanto – non sta bene – né tantomeno si può ridere o cantare, sono i gesti a parlare, il contegno mantenuto nel tempo senza cedimenti anche nella solitudine durata a lungo (di lutti, dall’Intifada), né le sorelle si occupano di quello che succede fuori, troppo volgare occuparsi di politica. La villa nel suo silenzio, nei suoi tempi scanditi diventa un luogo dove con più forza emergono temi come il conflitto, le divisioni, l’intolleranza.
Anche se realizzato con fondi pure israeliani, è registrato come film palestinese (e il ministero della cultura israeliana ha dichiarato di rivolere i soldi indietro): Suha Arraf, che vive in Israele, sostiene che nulla nel contratto indica che il film debba essere dichiarato come «israeliano», visto che di storia palestinese si tratta, che gli attori parlano la loro lingua e che la regista stessa è quella che in Israele viene definita non senza disprezzo arabo-israeliana, una polemica che facilmente assume toni infuocati in questi giorni.
Altro film da non mancare in programma oggi alla Sic è Zerrumpelt Herz (Il concilio degli uccelli) di Timm Kröger, classe 1985, qui al suo film di diploma dell’accademia di cinema del Baden-Württenberg, e già selezionato a una importante competizione come Venezia dove concorre per il premio DeLaurentiis opera prima: un maestro di musica viene invitato da un giovane compositore di talento nella sua casa nel bosco per ascoltare la nuova composizione. Dovrà andare alla sua ricerca poiché di lui non vi è traccia, mentre qualcosa di strano si nota, invece, nel canto degli uccelli.