«Questo lavoro nasce perché esiste un archivio altrimenti sarebbe stata una di quelle tante operazioni vintage» precisa Giuseppe De Mattia (Bari 1980) illustrando il progetto «La coincidenza dello sguardo», realizzato in collaborazione con Home Movies. In particolare a firmare il concept ci sono anche Ilaria Ferretti e Paolo Simoni, mentre il libro è stato pubblicato da Danilo Montanari e sarà ripresentato in occasione di Archivio Aperto a Bologna 27 ottobre – fine dicembre). Il lavoro è stato in mostra al Consorzio di Bonifica, nel circuito del SI Fest25 – Savignano Immagini. Il lavoro nasce, quindi, da esigenze diverse che dalla ricerca e selezione nelle collezioni di Home Movies (Archivio Nazionale del Film di Famiglia) – attivo a Bologna dal 2002 con l’obiettivo di salvare e trasmettere il cinema amatoriale familiare, 5000 ore di materiali- confluisce nell’operazione di trasformazione dei fotogrammi in fotografie e nel mettere a confronto quelle coincidenze dello sguardo (a cui allude il titolo) dei numerosi autori non professionisti provenienti dalla stessa area geografica di Luigi Ghirri e che, come lui, nel tempo libero andavano in giro a catturare immagini fisse e/o in movimento. In questa traiettoria visiva un po’ ambigua, in cui realtà e finzione giocano alla pari, il fotografo che proviene da una laurea al DAMS Cinema di Bologna, introduce anche un discorso di natura filologica legato alla riscoperta dei colori originali nelle foto di Ghirri da parte di Arrigo Ghi, storico maestro stampatore di Modena che fu suo collaboratore e a cui è stato affidato il compito di stampare i fotogrammi provenienti da filmati in 8mm e Super 8.

Tra le dodici immagini e nell’installazione video in mostra (gli autori dei filmati sono Adriano Fornaciari, Luciano Maramotti, Gaetano Carrer, Giovanni Orlandi, Armando Sassi, Ermanno Guglielmi, Franco Frignani, Giuseppe Sibona, Antonio Gatti, Tassetto Tarquinio, Oreste Baldi, Roberto Ciampini) ci sono anche soggetti immersi in un’atmosfera vacanziera che danno sempre le spalle all’osservatore, accomunati – in parte – da un elemento cromatico ricorrente (rosso). Ben ponderata la loro scelta nelle pellicole datate all’incirca tra il ’68 e il ’76. Il riferimento è proprio a quei primi «pellegrinaggi fotografici» che il grande maestro emiliano era solito fare mappando anche il nulla. De Mattia cita, in particolare, Colazione sull’erba, 1974 e Kodachrome, 1978, che riflettono «esperienze simili, fatte in quegli anni, da molti cineamatori che, come lui, uscivano la domenica». Al prezioso ricordo di Danilo Montanari è affidato, invece, il racconto dell’ambizione di Ghirri, «geometra con poca voglia di fare il geometra». Si comprò un’automobile Simca (pagandola con le cambiali) e la domenica, con 500 lire di benzina, scorrazzava per le campagne.

«Il posacenere traboccante, gli occhiali appannati, quasi a simulare la nebbia che pure spesso gli faceva compagnia. Una cassetta di Bob Dylan come colonna sonora. Orizzonti che si perdono nelle nuvole, interrotti qua e là da case inanimate, un tempo che si ferma per un attimo, un attimo solo. Sempre con la macchina fotografica in mano, uno scatto dopo l’altro, un raccoglitore di immagini, di storie colte nel loro sfuggente divenire». Proprio per via del manierismo diffuso di fotografare alla Ghirri, soprattutto in ambito italiano, De Mattia sceglie di «rubare lo sguardo dei suoi contemporanei». Stampando i fotogrammi ottiene una dilatazione del tempo. Quelle immagini stampate hanno anche una vita autonoma, perché «chi filma fa una raffica di colpi e non vede le immagini finché non le passa alla moviola». Il loro potere viene percepito proprio in quel momento. «Nel nostro caso è avvenuto attraverso l’utilizzo di uno scanner, con cui è stato riprodotto il fotogramma. Una parte fondamentale del lavoro».

«Questi veri-finti Ghirri, dice Paolo Simoni tra i fondatori di Home Movies, in realtà, sono altro che viene richiamato attraverso corrispondenze. Una vocazione di Home Movies è sempre stata quella di rendere pubblico questo materiale che, in un certo senso, da solo non è in grado di autorappresentarsi. Per farlo ci sono varie strategie e tipologie, in parte sono più propriamente archivistiche, ma anche con l’incontro e l’intervento con artisti che lavorano in ambiti diversi, scrittori, filmmaker».