Dignità, libertà, uguaglianza: valori da perseguire attraverso la partecipazione popolare e una diversa relazione con il territorio, bene comune dal quale discendono razionalmente la misura del diritto e della giustizia. L’ultimo testo di Paolo Maddalena, Il territorio bene comune degli italiani (Donzelli, pp. 210. euro 18), introdotto da Salvatore Settis, offre un importante contributo per affrontare e risolvere la crisi. Maddalena, vicepresidente emerito della Corte Costituzionale, di cui è stato giudice dal 2002 al 2011, sostiene come la causa della crisi sia nello squilibrio generato dal prevalere della proprietà privata su quella collettiva.
Il testo capovolge la visione attuale che vede nell’interesse pubblico un limite alla proprietà privata, affermando in maniera rigorosa come in realtà sia la proprietà collettiva del territorio a precedere storicamente quella privata. Dallo studio della Costituzione emerge una vera e propria «strategia costituzionale» in cui «l’utilità sociale» diviene misura di legittimità e subordinazione per la stessa proprietà privata. È dal prevalere della proprietà privata su quella collettiva e dallo svilimento del nesso tra sovranità e territorio che Maddalena fa dunque discendere il progressivo e brutale impoverimento materiale e spirituale delle ultime tre decadi in Italia e nel resto del continente europeo.

Strategie costituzionali

Nel testo l’autore mette più volte in relazione la crisi finanziaria ed ambientale come originate dallo stesso vulnus giuridico: la concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi. La Costituzione, come ricorda Maddalena, avversa e condanna questa eventualità, indicando nella ridistribuzione della ricchezza il motore dello sviluppo economico. Il prevalere invece delle teorie economiche della supply side – economia dell’offerta – e dell’ideologia neoliberista fondata su privatizzazioni, mercificazione della natura e finanziarizzazione dell’economia hanno per l’autore relegato nel dimenticatoio i principi capisaldi della Costituzione. Maddalena, insieme ad altri giuristi, ci rammenta come l’aumento delle diseguaglianze e della povertà siano considerate nel nostro ordinamento la più grave e devastante illegalità.
Per l’autore se le diseguaglianze sociali hanno originato la crisi il motivo per cui queste non sono state combattute attraverso i precetti contenuti nel nostro ordinamento è a causa di una distorto utilizzo del concetto di proprietà privata portato avanti dai ceti dominanti a svantaggio di quella collettiva. Da qui discende lo svilimento giuridico della comunità politica che Maddalena ci ricorda essere costituita dal popolo, dal territorio e dalla sovranità. Questi elementi costitutivi della comunità politica agiscono all’interno di un ordinamento pubblico economico puntualmente delineato attraverso una strategia costituzionale tesa al bene comune. Una prospettiva che si fonda da un lato sulla ridistribuzione della ricchezza e dall’altro sulla salvaguardia e gestione dei servizi pubblici essenziali e delle fonti di energia. Sfavorendo accentramenti di ricchezza e latifondo la Costituzione indica chiaramente come motore dello sviluppo economico la redistribuzione della ricchezza. Ma nel suo testo Maddalena sostiene, insieme a Stefano Rodotà, come l’elemento di maggiore innovazione della nostra Carta sia in realtà nell’intangibilità della dignità umana, determinando un nuovo Statuto della persona ed un nuovo quadro di doveri costituzionali. Maddalena ripercorre e amplia la trama che vede intrecciarsi libertà, uguaglianza e dignità, denunciando come il modello culturale neoliberista non garantisca affatto un’equilibrata relazione tra questi principi ed abbia invece lavorato alla loro rimozione rispetto al senso previsto dal nostro ordinamento. Rimozione che evidentemente è stata possibile anche grazie allo svilimento degli istituti di partecipazione pubblica, altro caposaldo della nostra Carta. La nuova «istituzionalità sociale» di cui spesso le nuove soggettività sociali e politiche si sono fatte interpeti trova nel testo di Maddalena legittimità e misura. Abbiamo, questo il senso politico delle argomentazioni dell’autore, il diritto e la responsabilità di agire proprio in una fase in cui la crisi economica, sociale ed ambientale rendono la democrazia un organismo debole e facilmente attaccabile dai germi del razzismo e del nazionalismo. La Costituzione potrebbe inoltre allargare lo status di cittadinanza legittimando «azioni popolari» espressione non solo di interessi pubblici ma di «interessi diffusi».
Nell’ultima parte del testo Maddalena non si sottrae al dibattito, ormai planetario, sulla crisi ecologica e su come affrontare giuridicamente i nodi posti da quanti rivendicano giustizia ambientale ed ecologica. L’autore definisce l’ambiente un bene comune ed individua nel territorio e nel «pensiero creativo» le basi descritte e definite dalla Costituzione come premessa per realizzare lo sviluppo attraverso il quale perseguire l’interesse generale ed il bene comune. Partendo dal «nomos della terra», richiamato da Carl Schmitt come «la legge del diritto», Maddalena indica nella razionalità della natura e delle sue regole la fonte della razionalità del diritto.

Giusnaturalismo terraneo

Un’origine «terranea» che l’autore utilizza per proporre un nuovo «giusnaturalismo» sul quale incontrare ed intrecciare il lavoro del «costituzionalismo sperimentale» latinoamericano che ha riconosciuto ed introdotto in alcune carti costituzionali i «Diritti della Natura», definendo il «buen vivir» come l’ordinamento pubblico economico attraverso il quale promuovere lo sviluppo. L’essere umano e la Terra sono per l’autore «consustanziali». La Terra è quindi la madre del diritto. Da questa interpretazione discende anche un concetto diverso di libertà, «finalizzata» nel nostro ordinamento al patto sociale. Una libertà indirizzata alla solidarietà ed al bene comune. È questo che consente a Maddalena di rifiutare l’idea di Stato inteso come persona giuridica, definito invece come una «universalità concreta», dove l’essere umano dismette i panni dell’«homo oeconomicus» per ritornare a quelli dell’amministratore della casa comune. Un testo denso e ispirante che contribuisce a rendere meno opaca e frammentata la fase della storia che stiamo attraversando.