Il prossimo 2 giugno potrebbe essere l’ultima festa della Repubblica nata settanta anni fa dalla Resistenza in cui «la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione».
La Legge di revisione del modello istituzionale, in essa delineato, approvata dopo varie vicissitudini da una ridotta maggioranza parlamentare (ben altra cosa rispetto a una Assemblea Costituente legittimata ad affrontare un così importante compito) altera infatti l’equilibrio fra le tre Istituzioni della Repubblica – Parlamento, Governo, Magistratura – garantito dalle funzioni di controllo attribuite al Presidente della Repubblica e alla Corte Costituzionale.

Il bicameralismo «perfetto» è sostituito da un bicameralismo «ininfluente», poiché il Senato può chiedere di discutere molte delle leggi approvate dalla Camera e correggerle. La Camera tuttavia può ignorare le correzioni formulate da maggioranze diverse, e quindi la navetta tanto deprecata può tornare a funzionare, per giunta anche con esito nullo…

Quanto al Governo, da organo esecutivo esso va a configurarsi come «comitato direttivo del Parlamento».

Il Governo infatti, nel nuovo testo, può pretendere dalla Camera dei deputati la precedenza nell’esame delle sue proposte e un termine determinato per l’espressione del voto, decorso il quale tutti gli emendamenti decadono e si passa, dopo il voto sui singoli articoli, alla votazione finale. Aumenta, in tal modo, la cosiddetta «governabilità» affidata però nelle mani di un Governo espressione di un partito a cui la legge elettorale, l’«Italicum», garantisce una anomala maggioranza di oltre il 50% dei seggi pur se votato da molto meno della metà degli elettori.

L’importanza della posta in gioco è confermata dall’impegno profuso fin d’ora e senza esclusione di colpi dal partito renziano per assicurare la vittoria del Sì nel prossimo referendum istituzionale.

L’«Associazione Per la Scuola della Repubblica» si unisce a quanti e quante hanno dichiarato pubblicamente – in particolare i/le Partigiani/e dell’Anpi – il loro No, ad impedire che questa «rottamazione» venga confermata dal voto popolare.