L’enfasi posta dai grandi media sulla firma del Tpp, il 5 ottobre, ha messo l’accento sulle grandi potenzialità offerte ai 12 paesi contraenti il super trattato di libero commercio: ove però la parola “libero” equivale a “senza regole”, massima ambizione del mercato capitalista. Il Tpp consegna la proprietà delle risorse naturali dei singoli paesi al monopolio delle grandi industrie, da quelle dell’agro-business a quelle farmeceutiche. E a castigare la libertà di espressione in internet penseranno i tribunali internazionali qualora ritengano danneggiata la loro “proprietà intellettuale”. Mano libera, insomma, agli Usa – grandi artefici del trattato, portato avanti nella più grande segretezza -, per allargare il proprio campo di razzia nel sud del mondo. Non a caso, Obama ha detto alla stampa che il 95% dei «clienti» si trova fuori dal suo paese.

Se entro due anni il Tpp non verrà ratificato dai parlamenti di tutti i contraenti, poco male: basta che sia stato approvato da sei paesi membri e che questi rappresentino l’85% del Pil dell’aera di libero commercio perché entri in vigore anche per gli altri. L’ambizione nordamericana è quella di dominare, attraverso il Tpp, il 40% dell’economia mondiale: e contrastare l’avanzata della Cina e dei Brics, che cercano altre strade e altre alleanze sud-sud.

Come viatico, ci sono le cifre rese note a Lima durante la riunione nazionale del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale. La previsione dell’Fmi indica una riduzione di due decimi della crescita mondiale, situata al 3,1%: la percentuale più bassa in sei anni. Le ragioni poggiano nella crisi delle economie emergenti come la Cina o il Brasile, ufficialmente in recessione da agosto. Paesi in sofferenza per la forte caduta del prezzo del petrolio. Secondo l’Fmi, la più potente economia del Latinoamerica andrà quest’anno in caduta libera, e vedrà il proprio Pil retrocedere di un 3%: un dato in controtendenza rispetto alla crescita del 7% mantenuta nel decennio passato. Da mesi si è d’altronde amplificata la grancassa dei «mercati» contro il governo di Dilma Rousseff, rieletta per la seconda volta a gennaio con uno scarso margine di vantaggio. Per il buon andamento del Tpp, serve l’isolamento di Brasile e Argentina, o il loro ribaltamento politico dalle alleanze con l’America latina progressista al campo egemonizzato da Washington.

Per questo, si conta sul ruolo di «ponte» del Cile, uno dei tre stati latinoamericani firmatari del Tpp e al centro dell’Alleanza del Pacifico (insieme a Colombia, Messico e Perù). I trenta capitoli del più grande accordo commerciale degli ultimi vent’anni promettono di approfondire le insopportabili disuguaglianze lasciate in eredità al Cile dagli economisti della Scuola di Chicago ai tempi di Pinochet: una camicia di forza sovranazionale – denunciano i sindacati cileni – che riporta al presente il monito di Salvador Allende prima del golpe, circa lo scontro diretto tra le grandi multinazionali e lo stato. Il Tpp – aggiungono – divide per governare e per limitare la solidarietà contro le politiche economiche per la sicurezza spinte da Washington.

Gli effetti di queste politiche hanno già campo libero in Perù, altro paese firmatario che ha iniziato a partecipare ai negoziati nel 2010 e dove sempre più accentuata è la presenza militare Usa. Ma l’indicatore più evidente dei costi prodotti dalle politiche neoliberiste volute dagli Stati uniti proviene dal Messico. Il paese ha già subito per vent’anni la morsa del Nafta, che lo ha posto all’avanguardia delle nuove tendenze internazionali all’insegna del neoliberismo, negli anni in cui il mondo cessava di essere diviso in due blocchi.

Oggi, si contano 53 milioni di poveri, 11 milioni povertà estrema. Disuguaglianze feroci, bassi salari e una violenza endemica che indica il fallimento delle politiche per la sicurezza Usa, fotografano l’insopportabilità dei piani di aggiustamento strutturale imposti dall’Fmi e rinnovati nelle privatizzazioni selvagge messe in campo dal governo di Henrique Pena Nieto.

Per l’Fmi, il Messico cresce: del 2,3% nel 2015 e del 2,8% nel 2016. Una tendenza considerata positiva in tempi di recessione e nel momento in cui competitori potenti come il Brasile sono in grande affanno. Ma a chi profitta la crescita? Chi può godere delle spiagge e dei boschi trasformati in campi da golf per chi se lo può permettere?Il modello Tpp raddoppierà il potere delle banche, i loro interessi sulle ipoteche per togliere le case a chi non può pagare, mentre si assottiglia sempre più il bilancio destinato alla spesa sociale. E d’altro canto, le aspettative del Messico con il Tpp sono basse, giacché ha già firmato trattati di libero commercio con quasi tutti i membri, eccettuati Australia, Brunei, Malasia, Nuova Zelanda, Singapore e Vietnam