A pochi giorni dal ballottaggio del Ps di domenica 29 per scegliere il candidato alle presidenziali e a tre mesi dal primo turno delle presidenziali, i socialisti ritrovano un momento di dignità, in un dibattito serio e senza aggressività tra Benoît Hamon e Manuel Valls, mentre a destra François Fillon annaspa nelle contraddizioni per giustificare 500mila euro percepiti dalla moglie Penelope come “assistente parlamentare” fantasma. Lo scenario previsto per le presidenziali – una sfida a tre o quattro per arrivare al ballottaggio, tra Le Pen, Fillon, Macron, Mélenchon – può essere riscritto? Il tempo stringe. La prossima tappa è il ballottaggio di domenica, tra Hamon che annuncia “un futuro desiderabile” da contrapporre alla “destra totale di Fillon” e al “progetto xenofobo e nazionalista di Marine Le Pen”, mentre Valls insiste sulla “sinistra credibile”, sul Ps partito di governo. Hamon e Valls hanno presentato due visioni divergenti del futuro, discutendo di lavoro. Hamon, che parte favorito, difende una proposta nuova, il reddito universale a termine (750 euro al mese per tutti), come risposta alla “rarefazione del lavoro”, considerata inevitabile. Valls ha una risposta più tradizionale (e deve anche difendere le scelte della presidenza Hollande), ritiene che il lavoro cambia ma non per questo diminuisce e afferma che i francesi vogliono “lavorare di più” per avere maggior reddito. Per Valls, il reddito universale sarebbe “un messaggio di scoraggiamento, di abdicazione” di fronte alla disoccupazione. Divergenze anche sulla laicità, che per Hamon deve rimanere la stretta applicazione della legge del 1905 e non andare al di là (è la “garanzia del vivere assieme”), mentre Valls la interpreta come arma per arginare l’espansione dell’islam politico. Per non crollare nella marginalità politica, finite le primarie il Ps dovrà trovare uno spazio nella campagna, che potrebbe anche passare per delle alleanze, che evitino la moltiplicazione delle candidature a sinistra.

Lo scenario delle presidenziali è in movimento. Fillon è in difficoltà per il Penelopegate. La moglie del candidato della destra qualche mese fa aveva dichiarato di essersi sempre tenuta lontana dall’attività politica, ma adesso risulta che ha percepito un lauto stipendio come “assistente parlamentare” del marito deputato e del suo supplente (quando Fillon era al governo) dal ’98 al 2007 e poi di nuovo nel 2012, in tutto 500mila euro di soldi pubblici, a cui si aggiungono altri 100mila euro come collaboratrice fantasma della storica Revue des deux mondes (si proprietà del miliardario Marc Ledreit de Lacharrière, padrone dell’agenzia di rating Fitch, grande amico di Fillon). Niente di illegale, sulla carta: in Francia, a differenza dell’Europarlamento o della Germania, è permesso ai deputati pagare dei famigliari come collaboratori. Una novantina, di destra e di sinistra, lo fanno. Ma devono provare il lavoro svolto. L’avvocato di Fillon avrebbe portato delle “prove” su Penelope agli inquirenti, dopo l’apertura di un’inchiesta giudiziaria mercoledi’ e Fillon denuncia “la macchina del fango”. Ma avrà difficoltà a far tacere lo scandalo, che porta acqua al populismo dilagante (Marine Le Pen fa profilo basso, perché è impelagata in un caso analogo al Parlamento europeo).