La lavorazione dell’attesa pellicola biografica Walesa diretta da Andrzej Wajda, in uscita il prossimo autunno, sembra più travagliata del previsto: i produttori hanno dimostrato prudenza rimandando l’utilizzo della quota messa a disposizione dalla Amber Gold in attesa della conclusione delle indagini. La banca ombra fondata a Danzica è stata infatti travolta dal più grosso scandalo finanziario della Polonia dell’ultimo decennio. Mancano i fondi per completare la post-produzione del film, mentre la popolarità di Solidarnosc e del suo ex-leader ha raggiunto minimi storici a Varsavia. Ma cosa resterà della storica organizzazione e del suo mezzo milione di iscritti nel 2010? La svolta epocale degli accordi della Tavola Rotonda già conteneva in germi di una inevitabile crisi di rappresentanza per il sindacato polacco. Un anno dopo, Walesa aveva ancora i baffi brizzolati quando vinse le prime presidenziali libere del paese. Con l’istituzionalizzazione di Solidarnosc vennero meno i vincoli di solidarietà tra atei e credenti, inteligencja e classe operaia. Troppo facile prevedere dunque il trionfo dell’ “ognuno per se Dio per tutti” in un paese a forte maggioranza cattolica, in cui la Chiesa stessa si era fatta promotrice dei rivolgimenti del 1989.
Attualmente la Esse di Solidarnosc è soltanto uno delle oltre 6300 sigle sindacali del paese. In Polonia il numero totale di iscritti ai sindacati non supera due milioni e mezzo, una cifra simile a quella del nostro paese alla vigilia della prima guerra mondiale. Lo scorso decennio l’introduzione del salario minimo garantito – fissato a 1600 zloty, circa 400 euro nel 2013 – era stato come un colpo di grazia per le organizzazioni sindacali. Con un potere contrattuale ridotto a zero e la logica degli interessi particolari, la decadenza del sindacalismo è proseguita rapida e inesorabile, mentre l’economia polacca prosegue la sua corsa al trotto sulla scia di Berlino.
Nessuno era pronto a scommettere che la Esse sarebbe tornata ai fasti del passato con i suoi 10 milioni di iscritti allo storico congresso nazionale nel settembre del 1981. Eppure, il mito fondatore del sindacato continua ad affascinare le platee specializzate di tutto il mondo. Le gru dei cantieri navali sul Baltico, simbolicamente paragonate dal presidente della repubblica Bronislaw Komorowski alla Statua della Libertà, e il marchio Esse continuano a funzionare nel circuito internazionale delle conferenze che contano.
Adesso le sezioni locali delle Esse organizzano la festa del primo maggio ognuna per conto proprio, mentre le famiglie polacche vanno in gita fuori porta per organizzare la prima grigliata dell’anno. La crisi più grande sindacato polacco ha radici profonde. Tutto ero cominciato molto prima dell’abbandono di Walesa, spesso dipinto dalla stampa scandalistica locale come un avido conferenziere a caccia dei gettoni di partecipazione. All’ex leader di Solidarnosc non erano andate giù le dichiarazioni di sostegno del sindacato alla destra radicale del partito Diritto e Giustizia dei gemelli Lech e Jaroslaw Kaczynski alle elezioni del 2006.
Gli anni del governo di coabitazione familiare dei Kaczynski hanno coinciso con la fase di definitiva politicizzazione di Esse. Non si è trattato certo soltanto di un dissenso di facciata, quello di Walesa. Tuttavia, la sua disapprovazione della linea di condotta dell’organizzazione è per molti aspetti soltanto parziale: le sue dichiarazioni al vetriolo in materia di omosessualità e aborto hanno dimostrato quanto la sua posizione ideologica sia in sintonia con quella del sindacato. Intanto, i dirigenti di Esse continuano a invocare San Giuseppe lavoratore alla messa del primo maggio, emblema sacro della resistenza ideologica negli anni più duri della repressione.
L’immagine del sindacato ha subito un altro brutto colpo negli anni della lustracja, la campagna di moralizzazione delle istituzioni polacche promossa dai dirigenti di Diritto e Giustizia contro ogni cittadino sospetto di aver collaborato con la dirigenza comunista. Alle fine è stato comunque dimostrato che le prove contro l’ex leader sindacale e gli altri dirigenti di Esse accusati di aver lavorato per gli ex servizi segreti polacchi, erano state costruite a tavolino da alcuni agenti negli anni della giunta di Jaruzelski.
«Piuttosto che tutelare gli interessi dei lavoratori, Solidarnosc ha scelto di fare politica. Un tempo si era fatta promotrice di cambiamenti. Adesso è ostaggio del proprio passato e sembra incapace di soddisfare ogni aspettativa», ha spiegato Bogdan Lis, un ex-sindacalista che aveva coordinato la mobilitazione degli operai della fabbrica Elmor a Danzica, prima di lanciarsi come molti altri in una carriera di imprenditore nei difficilissimi anni della transizione al capitalismo. Da un lato, lo scetticismo e la disillusione di una parte dell’ex-nocciolo duro dell’organizzazione, dall’altro, gli sforzi della nuova dirigenza che sta tentando di smarcarsi dalla strategia di propaganda politica esibita negli ultimi anni. Come spiegare allora la mancata partecipazione di molti partiti agli eventi organizzati dal sindacato? «È mio compito assicurarmi che le persone invitate alle nostre manifestazioni siano accolte bene dalla nostra base», si era giustificato l’ex-segretario della sezione slesiana di Solidarnosc, Piotr Duda, ora passato alla guida del sindacato.
Ancora più arduo adesso per Esse uscire dal pantano della politica negli anni della «guerra» polsko-polska, combattuta a destra dello scacchiere politico a Varsavia. Un conflitto ideologico esacerbato dalle teorie complottiste e dal risentimento anti-russo alimentato da Jaroslaw Kaczynski sulla strage di Smolensk. Fin troppo facile prevedere che la dirigenza di Diritto e Giustizia continuerà a giocarsi la carta del risentimento populista: la maggioranza di centrodestra del partito Piattaforma Civica guidato dal premier Donald Tusk è accusata di aver affossato le indagini sullo schianto del Tupolev in territorio russo. L’eredità di Walesa è ormai alle spalle. Anche se Solidarnosc non potrà ritrovare la proprie neutralità attraverso una mera campagna di autocritica, un rinnovamento sembra comunque possibile se il sindacato sarà capace di aprire senza discriminazione a tutti i settori della società civile. Il monumentale film realizzato per «dovere nazionale» da Wajda porta con sé la promessa dell’ennesima schermaglia ideologica «polacco-polacca», e forse, di una possibile catarsi mediatica per Esse e il suo ex-leader.