Un paziente difficile, con molte criticità. È il mondo della serialità made in Italy oggetto di un convegno all’interno del Rff. Un incontro fra i produttori Sergio Silva e Mario Gianani moderato da Carlo Freccero, ma in realtà il direttore artistico del festival è di fatto il terzo interlocutore dell’incontro. Si parte da uno studio di settore: dal 2006 la fiction nel belpaese ha iniziato un declino quasi inesorabile, una riduzione della produzione del 32% a fronte di un aumento delle importazioni del 67% e di un calo delle esportazioni del 58%.

Per Silva l’origine dei mali è la legge Mammì: «Che ha creato il sistema in Italia dell’oligopolio fatto da posizioni dominanti che soltanto adesso con l’arrivo in forze di Sky, ha cominciato parzialmente a essere messo in discussione». Una legge entrata in vigore proprio negli anni nei quali la legislazione televisiva europea si dava delle norme nuove che hanno permesso a paesi come Germania, Francia e Spagna di tutelare la propria industria e di crescere. Un sistema alla deriva: «La Rai è in vendita, Mediaset è in vendita. Forse siamo ancora in tempo per evitare una nuova situazione Alitalia…».

Le colpe della crisi ricadono anche sui privati, come sottolinea Gianani: «Se negli anni ’90 il settore privato aveva fatto la differenza, oggi è proprio il soggetto che potrebbe pagare questa rilassatezza».

L’isola felice sembrerebbe Sky, ma anche qui emergono problemi: «Sky sta facendo grandi cose – interviene Freccero – ma produce poco, pochissimo rispetto a quello che dovrebbe fare». La soluzione è in un mercato più concorrenziale: «Anche i grandi network sono cambiati, perché sono stati accerchiati da colossi dello streaming come Amazon, Netflix. Vent’anni fa circa rifiutarono Sex in the city, ora Abc lancia American crime che non ha nulla da invidiare alle reti pay».

Per Gianani la speranza è che irrompano nel mercato: «Soggetti nuovi, come Netflix». Un settore che non produce muore: «Avevo proposto di adattare In treatment per Rai 4, avevo già pronta la sceneggiatura ma non me l’hanno fatto fare» – rivela Freccero. Silva, che ha chiuso il dibattito, si è detto deluso da network e dalle istituzioni come Agcom: «un comparto inutile e che non è in grado di autocorreggersi e di avanzare proposte. Solo l’introduzione di nuovi soggetti permetterà di invertire la tendenza».