Sul sito – www.filmfactory.ba – un annuncio avverte che sono aperte le iscrizioni per il prossimo settembre. La Film factory è la scuola di cinema nata due anni fa a Sarajevo con la direzione di Bela Tarr, che quest’anno è anche il presidente della giuria del Festival. Sulla homepage della Factory le note del regista ungherese dichiarano subito gli intenti speciali di questa scuola che tra i suoi docenti ha avuto Jim Jarmush, Apichatpong Weerasethakul, Tilda Swinton, Jonathan Rosenbaum, i fratelli Quay. Del resto quando aveva presentato il progetto, due anni fa appunto, Bela Tarr aveva detto: «Credo che sia impossibile insegnare l’arte, per questo voglio offrire l’opportunità agli studenti di fare ciò che vogliono. Ogni artista è differente, con un linguaggi proprio e un proprio background culturale. Voglio che questa scuola sia un laboratorio nel quale gli studenti possano lavorare con i loro insegnanti, e non il classico istituto formativo». Obiettivo sottolineato nelle note di intenti che leggiamo sulla pagina introduttiva del sito. «Mentre intorno a noi si moltiplicano ovunque le immagini, assistiamo alla progressiva svalutazione di questo meraviglioso linguaggio ogni giorno. A partire da una considerazione che appare come un paradosso, vogliamo mostrare l’importanza della cultura visiva e la dignità delle immagini alle future generazioni di filmmaker. La nostra aspirazione è quella di crescere cineasti maturi, capaci di esprimere uno sguardo personale».
I programmi vanno dalla Storia del cinema alle Nuove onde, quella francese e quella inglese, il cinema dell’Est Europa e il cinema spagnolo: il neorealismo, Pasolini, Fellini. I workshop di documentario, l’estetica del film, la Storia dell’arte. E poi regia, montaggio, produzione, distribuzione, marketing.
La pagina facebook (Film.factory) annuncia la presenza all’interno del Festival di Sarajevo di uno dei film prodotti dalla scuola, Lost in Bosnia, realizzato da undici allievi sotto al supervisione dello stesso Tarr. Scorrendo ancora la stessa pagina appare abbastanza chiaramente come la Factory sia divenuta subito un punto di riferimento nella rete di quel cinema vitale e fuori circuito, almeno da noi in Italia, che persegue un’idea produttiva indipendente non solo a livello economico ma soprattutto di ricerca. Per esempio il collettivo DunaDOCK, brand per il documentario creativo fondato da cinque filmmaker e produttori ungheresi annuncia l’annullamento della sua masterclass prevista all’interno del Festival di Miskolc, il prossimo settembre, perché ora in Ungheria non possono essere mostrati film che parlano dei Rom. Loro avevano invece costrutio la lezione su titoli classici e nuovi tutti centrati su quel soggetto. Il divieto che i DunaDOCk contestano, è solo l’ennesimo segnale della censura imposta dall’attuale governo ungherese nazionalista e di destra di Orban riconfermato lo scorso aprile alla guida del paese. Proprio Bela Tarr è stato tra coloro che si sono immediatamente schierati contro la politica reazionaria di Orban cercando di opporsi alla progressiva distruzione della cultura, e del cinema in particolare, privato di fondi e di indipendenza.