Martoz è il nome d’arte di Alessandro Martorelli, illustratore e fumettista, classe 1990, membro del collettivo Lab.Aquattro, che firma nell’ottobre del 2015 il suo primo graphic novel Remi Tot Stunt con la casa editrice Maledizioni. Da allora, per la maturità del suo stile, del resto personalissimo, Martoz viene accolto come un vero e proprio astro nascente del fumetto italiano tanto da ottenere una candidatura nella categoria “miglior autore rivelazione”ai premi Boscarato del prossimo Treviso Comic Book festival, che si svolgerà a fine settembre. Parliamo con lui di Remi in occasione della sua partecipazione al festival “Tra le nuvole”.

Martoz, nasci come illustratore e diventi fumettista. Qual è il rapporto tra questi due linguaggi e qual è per te il senso della narrazione sequenziale?

La mia passione per il disegno fa sì che Illustrazione e fumetto siano in me molto legati. Sono connessi ma poi all’atto pratico, lavorando, entrano in gioco differenze importanti. L’illustrazione è il campo della libertà, della spontaneità: a meno che non ci sia una commissione “chiusa”, nell’illustrazione concettuale mi trovo bene perché posso far passare il messaggio da dove voglio, dal riferimento più esplicito, alla parodia. Per il fumetto è diverso perché c’è una struttura, anche se il rapporto è molto forte: proprio oggi proprio un gallerista mi diceva come i miei fumetti siano simili a illustrazioni con testi. Con il tempo però ho imparato a raccontare in sequenza. Sto ancora imparando a gestire il mezzo..non tanto il come si fa, ma il modo in cui io posso farlo.

Nonostante questo la tua prima narrazione lunga non solo è corposa, ma è strutturata per capitoli e ha una trama ben definita che strizza l’occhio a generi letterari e cinematografici solidi…

Sí, ma mi sono sentito libero di sperimentare. Di recente, ho capito che questa parola ha per lo meno un paio di significati: la pretesa di creare qualcosa di nuovo può diventare fine a stessa. Mi sembra più legittimo avere uno stile personale e partire da quello per sperimentare. In Remi, grazie all’editore che mi ha dato carta bianca, ho trovato l’occasione giusta per farlo: il libro è si un fumetto, ma ci sono tavole aperte, più vicine all’illustrazione. Ho potuto usare tecniche di narrazione arbitraria come nelle scene di apparente non sense: l’inserimento di tavole astratte o comunque sganciate dal senso sequenziale corrisponde a momenti di alta tensione narrativa, ed è legato alla rappresentazione di una sensazione forte. Per quanto si possa provare a fare astrattismo, noi nel nostro cervello “leggiamo” sempre e anche le immagini apparentemente senza senso trasmettono emozioni. Pochi giorni fa ho disegnato una tavola dove si racconta un incidente autostradale e l’ho rappresentato con un’immagine astratta: in quel caso i segni che ho tracciato sono per me il rumore dei vetri che si infrangono. Non ho inserito onomatopee, proprio perché ho delegato il suono al segno. Questo è quello che intendo per lavoro autoriale, prendersi libertà di compiere scelte di questo tipo. 

Il tuo libro è un libro d’azione con dei tratti da poliziesco ma ci sono degli aspetti inaspettati, quasi parodici.

Ci sono poliziotti volutamente piatti: ho inserito testi ricercati e suggestivi, per creare un contrasto con la piattezza di questi due personaggi. Più in generale, mi interessava sorprendere, spostando l’attenzione del lettore su elementi inaspettati: la casa di Remi ad esempio è molto dettagliata, piena di oggetti straordinari, anche se non è il focus specifico della narrazione. I poliziotti invece no: non sono proprio scemi (vedi la passione segreta del poliziotto giovane per la matematica) ma il loro punto di vista non aggiunge niente. 

Moltissime le formule nel tue libro: la matematica è una tua passione?

Sì, ma il fatto di usare le formule a livello grafico è successivo. In quel periodo mi stavo interessando ad uno scienziato calligrafo arabo vissuto in epoca medievale e mi incuriosivano molto i suoi lavori graficamente curatissimi, dettagliati e molto estesi, disegni straordinari in cui si trovano però solo una, due formule. Ho capito che le formule, a livello grafico potevano aggiungere fascino e mistero al fumetto. Ovviamente ho studiato ciò che appare nel testo, i contenuti tecnici e scientifici: quando l’acquario viene distrutto da un missile, per dare una parvenza di realismo, ho fatto sì che Remi studiasse le leggi della fluidodinamica. Ho scoperto che uno dei 10 problemi non risolti della matematica contemporanea è proprio un’equazione di fluidodinamica per cui è in bando un premio da un milione di dollari…è stata una scoperta che mi ha dato l’opportunità di caratterizzarlo meglio Remi: lui è un genio e infatti risolve quest’impossibile equazione, vince il premio, ma non lo ritira. Usa la matematica per altri scopi. 

Nella bella prefazione Riccardo Mannelli, che è stato tuo insegnante allo IED, cita un tuo costante tributo all’arte d’ avanguardie novecentesche, Picasso, Klee, i futuristi italiani… 

Il valore del ‘900 è talmente grande che si potrebbe passare una vita a studiarlo perché anche i minori sono stati molto capaci. C’è un riferimento diretto a un quadro di Sironi che ho inserito nel fumetto rispettandone la composizione. Ma del nostro tempo mi interessa molto la quantità massiva di informazioni che possiamo ottenere oggi. È straordinario come possiamo diventare colti in pochissimo tempo, tanto che se raccogliessimo tutti gli stimoli rischieremmo di impazzire. Abbiamo dei mezzi straordinari e molti pochi meriti in questo senso. Credo sia per questo che nelle mie tavole si affollano elementi, spunti e riferimenti molto diversi. Con un accesso così capillare e profondo alla realtà come si fa a non esserne ispirati?