Manolis Glezos che legge il manifesto. Oggi mi ha fatto tristezza vedere sul profilo facebook di un compagno le dichiarazioni d Manolis accompagnate con la bella foto che gli ho fatto al gazebo di Syriza nel mio quartiere di Nea Smirni, l’ultimo giorno della campagna elettorale del maggio del 2012. Siamo stati per ore e ore a girare tra la gente. Alla fine lui era l’unico che non si era stancato.

Ho portato a Manolis la copia del manifesto con la sua foto in prima pagina l’ultimo giorno della campagna delle seconde elezioni, inl giugno. Ad Agrotema, il locale in cui si teneva la conferenza stampa per la chiusura della campagna elettorale. Era felice come un bambino, perché ha una grandissima stima per la sinistra italiana e specialmente per quello che hanno rappresentato il Pci e il manifesto. Era seduto accanto ad Alexis Tsipras è scherzava: «A me Argiris ha portato il giornale vero e a te la fotocopia», diceva. Ad Alexis avevo stampato la prima pagina del manifesto con la sua foto che leggeva pure lui il giornale. Il cui titolo, «Democrazia», era scritto per metà con lettere greche e per l’altra metà con caratteri latini.

Manolis ha usato in questi giorni la parola tradimento. Quante volte la sinistra settaria e stalinista ha utilizzato questa macabra parola contro lo stesso Manolis? Erano gli anni della dittatura e Manolis aveva girato le spalle ai carri armati che ballavano nel centro di Praga. Perfino nelle carceri di Papadopoulos i nostri compagni erano divisi tra ortodossi, puri e duri del Kke e «traditori», «servi della Cia» e «revisionisti», quelli dell’Unione democratica di sinistra (Eda) e del Partito comunista greco dell’interno.

Il Kke aveva già avvelenato da decenni la sinistra greca con l’accusa di «tradimento» rivolta a chi la pensava diversamente. Perfino il capo del grande esercito popolare di Elas, Aris Velouchiotis, era morto nel giugno del 1945 assediato e poi decapitato dalle bande armate dagli inglesi mentre il giornale del partito quel giorno riportava in prima pagina la sua espulsione per «tradimento».

Dentro Syriza vogliamo tutti un gran bene a Manolis, con le sue lotte e la sua grande passione umana. Se per i più grandi è l’eroe della Resistenza che con Siantas ha buttato giù dall’Acropoli la bandiera con la croce uncinata nel maggio del ‘41, per i più giovani è il compagno delle lotte contro i Memorandum e la Troika. Il nostro giovane grande vecchio che quando gli hanno lanciato il gas lacrimogeno sul viso e stava malissimo ha avuto la lucidità di fermare gli infermieri che lo portavano in barella, alzare il suo pugno chiuso è gridare con il poco di voce che gli era rimasta: «Compagni, la lotta continua!».

Questa lotta continua oggi più dura e aggressiva che mai. Non siamo più a difendere palmo a palmo in piazza Syntagma la democrazia. Abbiamo vinto la repressione e la paura. Abbiamo alzato il tiro e la qualità della nostra lotta. Stiamo rivendicando dentro i palazzi dei poteri forti dell’Europa il nostro futuro e le nostre vite, insieme a quelle di decine se non di centinaia di milioni di altri europei.

Alexis, Nikos, Gianis, Eukleidis, Gavriil, Teano, Dimitris, Nadia, Alekos, Tassia, Panagiotis e gli altri nostri compagni oggi al governo hanno bisogno di una solidarietà politica e umana senza precedenti. Alcuni di loro mi sembra che siano invecchiati di dieci anni in un mese. Fanno e facciamo uno sforzo enorme. Dopo le elezioni abbiamo avuto un consenso senza precedenti. La gente non è stupida, ha riempito in massa le piazze per sostenere il nostro governo, intuisce molto bene che solo uniti possiamo vincere.

Questo senso di unità non può mancare a chi dà battaglia in prima linea a Bruxelles, a Francoforte e a Berlino. La lotta è lunga e siamo costretti a vincere.