«Presidente, si stava progettando un piano di invasione della Russia…». Matteo Renzi ha provato a sdrammatizzare così, ieri, a margine della colazione di lavoro con Mattarella in vista del Consiglio europeo, la situazione scivolosa venutasi a creare dopo le dichiarazioni del segretario della Nato Jens Stoltenberg, riportate in prima pagina dalla Stampa il giorno precedente.

Un contingente di soldati italiani «farà parte – aveva detto Stoltenberg – di uno dei quattro battaglioni dell’Alleanza schierati nei Paesi baltici».

Autentico “fuoco amico” sull’atteggiamento di estrema riservatezza, per non dire omertoso, mantenuto dal governo su una questione così delicata. Rivelazioni che ieri hanno dato la stura alle proteste dell’opposizione, da Grillo a Salvini, che bocciano con toni durissimi la prospettiva di di alimentare il clima da nuova Guerra fredda e lanciarsi in un’avventura dalle conseguenze imprevedibili, invocando il «parlamento sovrano».

«140 soldati – ha confermato qualche ora dopo il ministro degli Esteri Gentiloni – che verranno inviati in Lettonia (non è ancora chiaro se nel 2018 o già nella prossima primavera, ndr) per partecipare alla forza Nato a guida canadese dispiegata nel Paese». Ma guai a parlare di strategia aggressiva: secondo Gentiloni trattasi bensì di una politica «di rassicurazione e difesa dei nostri confini come Alleanza». Del resto Putin, come sostiene l’ex premier norvegese che oggi guida l’Alleanza atlantica, «ha dimostrato la volontà di usare la forza militare contro i vicini». Secondo Stoltenberg però «il messaggio è “difesa e dialogo”, non “difesa o dialogo”».

A Mosca tutta questa energia dialogante non l’hanno percepita: «La politica della Nato è distruttiva», ha tagliato corto ieri la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova. Che all’Ansa ha aggiunto: «Così si tracciano nuove linee di divisione in Europa invece che di profonde e solide relazioni di buon vicinato».

L’impegno di inviare soldati italiani ai confini russi risale al vertice Nato di Varsavia dello scorso luglio, fa sapere il governo, che nega ogni collegamento tra la vicenda e le crescenti tensioni con Mosca sulla crisi siriana. Ma all’epoca trapelò solo la decisione di restare in Afghanistan, come richiesto da Washington. Tra le righe però Renzi aveva parlato del comprensibile bisogno delle repubbliche baltiche «di una risposta più forte in termini di deterrenza nei confronti di Mosca». Il ministro della Difesa Pinotti ieri ha ribadito che no, ma che dite, «sapete bene che la politica dell’Italia è che ci vuole il dialogo, ma noi non sottovalutiamo il fatto che ci siano state anche rotture di legittimità internazionale in Ucraina. (…) l’Italia fa parte di un’alleanza e in caso di decisioni comuni dà il suo piccolo contributo».

Sul fronte interno le opposizioni alzano la voce, a cominciare dal Movimento 5 stelle (decisione «inaccettabile» per Di Battista), mentre la destra chiede alla ministra di riferire subito in parlamento.

L’impressione è che per disinnescare il missile lanciato da Stoltenberg ci vorrà ben altro che una battuta.