Nessuna chiusura della “porta aperta” ai rifugiati, come chiedevano i bavaresi della Csu. Zero leggi speciali, come pretendeva la destra di Afd. E niente conferma sulla sua ricandidatura nel 2017, attesa da una parte della Cdu e dall’intera Spd.

Unica concessione all’emergenza-attentati della cancelliera Angela Merkel, il nuovo pacchetto-sicurezza con l’integrazione dell’esercito nella lotta al terrorismo.

Perfino dopo l’ondata di attacchi che ha colpito la Germania “Mutti” resta immobile e tiene il punto. Proprio come il consenso alla sua politica, che resta esattamente quello di prima degli attentati. Per questo Merkel concede appena qualche virgola ad alleati e avversari. «La Repubblica federale resta fedele ai suoi principi» scandisce durante la conferenza stampa che ieri ha sancito il suo ritorno al comando dopo le vacanze interrotte. «Gli attacchi in luoghi in cui ciascuno di noi poteva trovarsi rompono ogni regola di civiltà. Ma non cambiano la politica del governo» sentenzia la cancelliera. Per lei risposta al terrore è una sola: «Stare uniti».

Lo invoca prima di raccontare il “piano” per destabilizzare la Germania non solo dell’Isis: «Chi ha commesso gli atti di sangue nell’ultima settimana vuole distruggere il nostro modo di vivere e di accogliere le persone in difficoltà. È gente che sparge odio e paura tra le culture e le religioni».

Poi annuncia il piano-sicurezza in 9 punti del governo che fa perno sulle espulsioni facilitate per i richiedenti-asilo già respinti, “pre-allarme” sulla radicalizzazione dei rifugiati e pronto intervento dei soldati della Bundeswehr in casi eccezionali. «Dobbiamo agire per colmare alcune lacune: l’esercito verrà integrato nella lotta al terrorismo» puntualizza Merkel.

Sono ritocchi mirati e limitati, e soprattutto “innocui” per la sua gestione dell’emergenza-migranti. Anche perché la politica della “porta aperta” elettoralmente sembra pagare.

I dati del sondaggio Insa datato 26 luglio fotografano l’umore dei tedeschi all’apice del terrore e restituiscono la tenuta della cancelliera dopo gli attentati commessi dagli «immigrati»: l’emorragia di voti nella Cdu-Csu è di appena 0,5%; il guadagno dell’Spd identico e il mitologico boom dei populisti di Alternative für Deutschland vale 1%. Spostamenti meno che fisiologici, segno che Merkel nel Paese mantiene il ruolo di “madre” rassicurante nei momenti difficili.

E infatti, è un autentico monologo familiare quello di “Mutti” pronta a comprendere la rabbia dei tedeschi “traditi” dagli immigrati. «Gli autori delle violenze si sono fatti beffe del Paese da cui hanno ricevuto aiuto, come dei volontari che hanno dato loro rifugio dalle zone di guerra. Dobbiamo proteggere i nostri confini e mettere in equilibrio integrazione, libertà e sicurezza per continuare a vivere sicuri» riassume Merkel chiedendo, ancora una volta, di portare pazienza.

«Undici mesi fa dissi che la Germania era forte e ancora oggi penso che ce la faremo. Non ho mai detto che sarebbe stato facile ma che vinceremo la sfida dell’integrazione e batteremo il terrorismo islamista», tiene a precisare.

Mentre assicura che «le autorità sono impegnate a fare piena chiarezza sugli attentati della scorsa settimana» e invita a osservare lo scenario internazionale: lo scambio di controlli tra Germania e governi africani e maghrebini verrà potenziato ed «è già stato attivato l’ufficio della polizia europea all’interno dell’Europol».

Per quanto riguarda la Germania «le misure supplementari sono ancora in valutazione, ma deve essere chiaro che applicheremo tutte gli strumenti possibili per garantire la sicurezza dei tedeschi» precisa Merkel. Di qui l’attivazione di un migliore «sistema di allerta» e la possibilità di mobilitare le forze dell’ordine più velocemente di quanto fatto a Monaco. Senza contare «l’impegno contro la radicalizzazione dei musulmani presenti in Germania».

A chi ieri chiedeva lumi sulla sua ricandidatura alle elezioni federali nel 2017 la cancelliera ha replicato secca: «Ho sempre detto che lo avrei rivelato al momento opportuno. Questo non è il momento opportuno».