La proclamazione di un Giubileo straordinario, a soli 15 anni da quello del 2000, ha un significato politico di grande rilievo eppure sottovalutato dai primi commenti su questo evento voluto da un papa che non finisce di stupire. La circostanza che lo fa cadere nel 50° della chiusura del Concilio Vaticano II ha forse un valore simbolico, ma rischia di metterci fuori strada. Il Giubileo ha, nella sua accezione e pratica originale, una grande valenza rivoluzionaria.

Una valenza rivoluzionaria come nei suoi scritti ha spiegato con chiarezza e profonda esegesi biblica Giovanni Franzoni (vedi “I beni comuni””, Roma, 2006). Gli israeliti smisero presto di praticarlo, la Chiesa cattolica l’ha trasformato in un evento puramente spirituale o di conferma del potere ecclesiastico, svuotandolo del suo profondo significato sociale e politico.

«Voi santificherete il 50° anno e proclamerete la libertà nel paese per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un giubileo e ognuno di voi tornerà in possesso delle sue terre e ciascun israelita rientrerà nella sua famiglia. Questo è il giubileo, che celebrerete ogni 50° anno, durante il quale non seminerete, e non mieterete quello che è nato da sé e non vendemmierete le viti che non sono state potate: è il giubileo, anno sacro per voi: mangerete quello che la campagna produce spontaneamente. In quest’anno del giubileo ciascuno di voi torni in possesso delle sue terre».

Questo passo del Levitico (25; 10-14) comportava la redistribuzione delle terre, il condono dei debiti e la conseguente liberazione degli schiavi (il debito ha sempre prodotto forme di schiavitù), ed infine la messa a riposo della terra per ricostruirne la fertilità. Aveva un limite etnico: vale solo per gli israeliti e non per gli stranieri (quelli che nel Levitico vengono chiamati “i forestieri”). Pratiche simili erano presenti in altre società mesopotamiche, compreso l’Egitto prima dei faraoni, perché le cosiddette società arcaiche avevano ben chiaro che un processo infinito di indebitamento (vedi David Graeber, “Debito: i primi 5000 anni”), di accumulazione di terre in mano di pochi e lo sfruttamento della fertilità della terra dovevano avere un limite temporale ed essere messe in discussione.

Il Giubileo era in sostanza un modo, per dirla con Karl Polanyi, con cui la società si dotava di uno strumento di autodifesa per evitare che lo sfruttamento e l’ingiustizia divenissero insopportabili, che si mettesse in crisi la convivenza pacifica di una comunità.
La nostra ipotesi è che papa Francesco abbia voluto proclamare questo Giubileo in linea con le sue prese di posizione contro la guerra e l’industria bellica, la globalizzazione dell’indifferenza e la denuncia dell’ingiustizia sociale, il valore della solidarietà verso le fasce più deboli della popolazione, a partire dai profughi per guerre e fame. Se fosse vero, se questo fosse il suo fine ultimo, sarebbe un Giubileo straordinario per rispondere al disastro sociale e ambientale del nostro tempo. Allo stesso tempo, segnerebbe una svolta epocale nella storia della chiesa cattolica, nella direzione richiesta da tanto tempo dalla teologia della liberazione, da cui questo papa argentino è stato influenzato anche se non si è mai schierato apertamente su questo fronte. Se invece dovesse prevalere l’aspetto magico-sacrale, il rito sterilizzato, l’estetica autoreferenziale, sarebbe non solo la grande occasione sprecata da questo papa, ma una perdita per tutta l’umanità.

Di fronte a disuguaglianze crescenti, a focolai di guerre e conflitti che si moltiplicano, al mutamento climatico indotto dallo sfruttamento scellerato delle risorse naturali, i nostri governanti ci propongono da decenni una sola ricetta: la crescita economica. Vale a dire: la perpetuazione in eterno di questo modello capitalistico di sfruttamento delle risorse umane e naturali. C’è qualcuno dotato di buon senso che possa pensare che il debito insostenibile di molti Stati ( e non solo in Europa), la polarizzazione sociale o lo sfruttamento della terra possano trovare risposte nella ripresa del tasso di crescita del Pil ? E’ vero il contrario, come i dati di questi ultimi decenni dimostrano. Crescita jobless, più crescita economica uguale più inquinamento, crescita economica sempre più legata all’espansione della sfera finanziaria, che accentua la sperequazione tra le classi sociali ed i paesi.
Oggi più che mai nella storia abbiamo bisogno di una redistribuzione della ricchezza, di una liberazione dalla schiavitù del debito (degli Stati come delle famiglie), di una riconciliazione con la Natura ed il rispetto dell’ecosistema. I valori del Giubileo possono costituire l’architrave di un programma politico per i nostri tempi, l’unico in grado di salvarci dalla catastrofe verso cui stiamo andando, l’unico in grado di permetterci di “Restare Umani” come scriveva e chiedeva Vittorio Arrigoni.