La Grecia resta nel Grimbo, ancora sospesa nel limbo con l’obiettivo di piegarla per sfinimento, senza nessuna decisione, mentre il paese è lasciato scivolare progressivamente verso un possibile Grexident, con le banche e la Borsa ancora chiusi oggi. Non c’è ancora il Grexit, ma il simbolo dell’isolamento è l’esclusione del paese dalla cosiddetta «zona Apple» a causa del controllo dei capitali imposto dal 28 giugno (non c’è più collegamento possibile con iTunes, Apple Store, Amazon, Paypal).

Hollande, che con Angela Merkel e Jean-Claude Juncker ha incontrato Alexis Tsipras tra l’Eurogruppo e il vertice dei capi di stato e di governo dei 19, afferma che le «decisioni devono essere prese questa settimana». Merkel, sempre più rigida, parla di «vari giorni» per arrivare a un’eventuale intesa, mentre per il momento «mancano le basi per un negoziato».

Un nuovo vertice della zona euro è stato convocato per domenica 12 luglio. E sarà allargato a tutti i paesi dell’Unione europea, non solo quelli dell’eurozona. Una decisione con pochi precedenti, che segnala tutta l’importanza di questa ennesima scadenza. Entro domani, 9 luglio, la Grecia deve presentare le proprie proposte ufficiali in forma scritta, in modo da mettere in moto i complessi meccanismi di valutazione e eventuale approvazione da parte delle istituzioni coinvolte.

Obama ieri ha telefonato a Merkel e a Tsipras per fare pressione a favore di una soluzione. Tsipras, creando la sorpresa, ha presentato solo in questa sede più ristretta delle proposte scritte, che invece erano attese per l’Eurogruppo: il testo, sulla base dell’accordo del 30 giugno, propone nuove riforme in cambio di una ristrutturazione del debito. La Germania (sia Cdu che Spd) esclude qualsiasi taglio al debito. La Francia, al massimo, potrebbe accettare una ristrutturazione, cioè un allungamento ulteriore dei termini di pagamento.

Oggi ci sarà un nuovo Eurogruppo in video-conferenza: dovrebbe essere discusso un «nuovo programma di sostegno a medio termine, attraverso il Mes», ha annunciato il presidente Jeroen Dijsselbloem. Ma l’Eurogruppo «aspetta una domanda formale greca di aiuto al Mes», ha precisato il ministro finlandese Alexander Stubb.

Per il commissario Pierre Moscovici «bisogna lavorare in fretta per mantenere la zona euro intatta». La Grecia chiederebbe un finanziamento d’emergenza per luglio, circa 7 miliardi, per far fronte alle scadenze dei rimborsi, in modo da sopravvivere e poter negoziare con più calma un piano di medio periodo.

Sempre oggi, alle 9.45, Tsipras interviene alla seduta plenaria dell’Europarlamento. In questa occasione, il primo ministro dovrebbe presentare pubblicamente le proposte greche per uscire dalla crisi, che ieri il neo-ministro delle finanze Euclid Tsakalotos all’Eurogruppo ha solo anticipato a grandi linee, a voce.

Una scelta simbolica, per insistere sulla questione democratica? La sequenza Eurogruppo-Consiglio dei capi di stato e di governo dell’eurozona è stata probabilmente interpretata dal governo greco come un’ennesima conferma che il referendum non ha fatto muovere di un millimetro gli interlocutori: l’Ue continua a mettere in primo piano la finanza e le sue tecniche, e relega la politica in secondo battuta.

Del resto, il referendum è già cosa del passato per Bruxelles e i paesi membri. Jean-Claude Juncker, intervenendo alla seduta plenaria dell’Europarlamento, ha usato parole incredibili per squalificare la consultazione popolare.

Per il presidente della Commissione, che si era esposto personalmente a favore del sì, «al popolo greco è stata posta una domanda che non si fa», perché la proposta dei creditori era stata ritirata quindi era inesistente. Juncker fa finta di non capire «su cosa i greci hanno detto no»: oggi, ha proseguito, «intendo invitare il primo ministro greco, come ho già fatto la notte scorsa, a darmi una spiegazione sul voto dei greci, perché la domanda sottoposta a referendum non si pone da tempo, come sanno tutti coloro che sono informati sul processo dei negoziati».

Eppure, le proposte greche di oggi sono redatte sulla base del piano del 30 giugno. Juncker, che chiede di mettere da parte «i piccoli e grandi ego», di evitare la «retorica» e «smettere di sfinirsi per sapere chi ha ragione», con la mano sul cuore afferma di aver fatto e di fare tutto il possibile per «evitare un Grexit».

Ma ancora ieri, per tutta la giornata, è continuato il gioco di scaricare le responsabilità dello stallo sulle spalle dei soli greci.

La Bce, in attesa di una qualche decisione politica, prolunga il Grimbo. Mantiene l’Ela (liquidità di emergenza) a 89 miliardi, senza aumentarla, ma chiede progressivamente maggiori garanzie, cosa che fa scivolare inesorabilmente le banche greche verso il bail-in, cioè le obbliga a mettere le mani sui conti correnti. Una decisione socialmente esplosiva.

Nel consiglio dei governatori della Bce il tono è pessimista. Dopo Christian Noyer, che ha escluso la possibilità di una ristrutturazione del debito della Grecia verso la Bce (30 miliardi), ieri il governatore della Banca centrale della Lettonia, Ilmars Rimsevics, ha affermato che la sola «possibile soluzione è una lenta uscita dall’euro», con la conseguente creazione di una moneta parallela.