In Italia gli antiproibizionisti devono fare un doppio lavoro: non solo prefigurare alternative concrete e fattibili all’evidente fallimento delle attuali politiche sulle droghe ma anche tirare per la giacchetta i governi che si succedono a Palazzo Chigi, quando non rispettano in malafede le loro stesse leggi o incorrono in buonafede in errori madornali.

L’ultimo caso, scoperto da noi radicali e dall’Aduc, è quello del pasticcio della pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale del 20 maggio 2014 (n. 115) del «Testo coordinato e aggiornato» del decreto-legge 20 marzo 2014, n. 36, il cosiddetto “Decreto Lorenzin”. Si tratta del provvedimento che aggiorna le leggi in vigore, recependo le ultime disposizioni. In questo caso avrebbe dovuto recepire gli effetti della sentenza della Corte Costituzionale del febbraio scorso che ha abrogato la legge Fini-Giovanardi, ripristinando la divisione in tabelle delle sostanze già prevista dalla precedente legge sugli stupefacenti. Nulla di rivoluzionario o di particolarmente difficile. Eppure, il governo, in particolare il ministero di Giustizia, è incorso in un errore grossolano, gravido di pericolose conseguenze: sulla Gazzetta Ufficiale è stato pubblicato un testo sbagliato, che riporta l’art. 73 del Testo unico 309/90 – articolo fondamentale perché fissa le pene per la produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti – in una versione che non tiene conto della nuova divisione in Tabelle approvata dal Parlamento e della conseguente differenziazione delle pene a seconda che si tratti delle cosiddette “droghe pesanti” (Tabella I) o della cannabis e derivati (Tabella II). Non è un errore di poco conto perché il testo errato, essendo quello “ufficiale”, è stato subito ripreso e rilanciato dalle banche dati giuridiche online.

Non solo. Ad aumentare la confusione ci si è messo anche il Dipartimento Antidroga dell’ex Serpelloni (ma è davvero ex?) che dà il peggio di sé pubblicando sul suo sito, nella sezione «Normativa», solamente il decreto-legge originario di marzo e non la legge di conversione di maggio… e l’articolo 73 sbagliato, quello appena pubblicato in Gazzetta ufficiale. Tutto questo crea enorme confusione, a scapito della certezza del diritto.

E ora che fare? Chiediamo al Ministro di Giustizia di provvedere a spron battuto a una pubblicazione corretta e completa in Gazzetta ufficiale della legge di conversione del “Decreto Lorenzin”, tenendo finalmente conto delle modifiche apportate dalla sentenza della Consulta. Potrebbe essere l’occasione buona per la pubblicazione di un nuovo Testo unico sulle sostanze stupefacenti, perché quello attuale, sottoposto agli innumerevoli “taglia e cuci” degli ultimi 24 anni, è diventato un vestito di Arlecchino: l’art. 73 citato ha subito sette aggiornamenti!

Ma gli interventi tecnici non possono bastare: occorre che finalmente il premier Renzi (che ha tenuto le deleghe in materia) riformi radicalmente il Dipartimento Politiche Antidroga: serve un Dipartimento non arroccato nella torre d’avorio ma che sappia dialogare e interagire con le regioni, i comuni, i servizi per dipendenze, le comunità. E occorre che il governo convochi finalmente in autunno la Sesta Conferenza Nazionale sulle Droghe; sempre il Testo Unico prescrive che tale Conferenza si tenga ogni tre anni; l’ultima fu fatta a Trieste nel 2009, in piena era “Giovanardi/Serpelloni”. Una conferenza nazionale per fare il punto sull’efficacia o meno delle politiche proibizioniste; per ridare dignità alla politiche di riduzione del danno; per incardinare la sperimentazione di nuove iniziative, dalle narcosale ai pill-test sulle sostanze.

Come potete constatare, a dispetto di chi li accusa di ideologismo settario, gli antiproibizionisti radicali sono sempre stati pragmatici e concreti. Ci attendiamo dal governo una risposta altrettanto pragmatica e concreta, nella consapevolezza che ogni norma si ripercuote su persone concrete, vittime del regime proibizionista, fuori e dentro le carceri. Non dimentichiamolo mai.

*Direzione Radicali Italiani