matite

Il Documento sulla «Buona scuola» e la legge che ne è derivata (legge 107 del 2015) hanno provocato una discusisone molto accesa, generando ampie critiche (quando non un vero e proprio moto di rifiuto) all’interno della stessa «galassia scuola».
Quello che rappresenta un vanto del governo Renzi, infatti, se da una parte si rivela un tentativo encomiabile di ripensare il problema educativo nella sua complessità e nel suo complesso, dall’altro evidenzia i fondamenti teorici impregnati di un’ideologia, quella neo-liberista, che alla formazione completa del cittadino in quanto tale predilige l’«addestramento» del produttore.

In altre parole, fin dal contesto scolastico, si progetta il disegno per cui a divenire centrale non è tanto l’essere umano che forma le proprie competenze in vista del contesto democratico, ma il produttore il cui abito mentale deve essere quello di sottomettersi alle logiche e agli scopi del contesto aziendale.

A metterla in questi termini, ma con uno spirito costruttivo che non si tira mai indietro rispetto al proporre soluzioni alternative e ragionate, è un pamphlet scritto da autori estremamente significativi e diversi fra loro. Due laici e due cattolici, nella fattispecie.

Il libro si intitola La buona scuola. Sguardi critici dal Documento alla Legge, Franco Angeli editore, e gli autori sono Massimo Baldacci (ordinario di pedagogia a Urbino ed ex presidente dei pedagogisti italiani), Beniamino Brocca (pedagogista ed ex sottosegretario all’istruzione), Franco Frabboni (professore emerito a Bologna) e Arduino Salatin (preside dello Iusve di Mestre e consigliere di amministrazione dell’Invalsi).

Personalità di estrazione diversa, esperienze e ideologie difformi, ma accomunati da una formazione e da competenze che li rendono indiscutibilmente credibili quando, fra l’altro dividendosi i compiti e quindi in maniera perfettamente autonoma, analizzano il documento sulla Buona scuola (Baldacci), quindi la Legge (Brocca), la comparazione fra documento e legge (Salatin) e la visione di insieme che emerge dall’intero percorso (Frabboni). Pervenendo a una visione decisamente critica ma non precostituita né aliena dal momento della proposta opportunamente ragionata e motivata.

L’idea di fondo che muove gli autori si oppone alla scuola-azienda volta alla produzione del capitale umano attraverso una competizione meritocratica, insistendo piuttosto sul concetto della comunità democratica che ha come scopo il pieno sviluppo umano di tutti i suoi membri.
In questo senso gli studenti non possono essere «clienti» del servizio scolastico, bensì titolari di un diritto all’educazione e all’istruzione riconosciuto dalla Costituzione, e i docenti sono i soggetti responsabili del progetto educativo volto alla realizzazione di tale diritto.

La questione è dirimente: si tratta di formare esclusivamente «produttori» addestrati ai dogmi dell’economia, oppure cittadini forniti di pensiero autonomo e critico, sempre in grado di aprire uno squarcio rispetto al muro del pensiero unico.