Spaccata in due la società del «no», tra rabbia e rancore; una parte scende in piazza per la prima volta dalla vittoria elettorale di Syriza e protesta contro l’ accordo. Ieri è toccato riempire piazza Syntagma ai dipendenti pubblici. Oggi tocca ai farmacisti contro le liberalizzazioni e altri settori di liberi professionisti.

Divisa pure la sinistra radicale greca – la scissione per il momento è stata evitata- dalla sua base fino ai livelli più alti di fronte a un dilemma che non è affatto facile da risolvere: schierarsi e votare controvoglia a favore di un terzo memorandum, per evitare – almeno così si dice- una catastrofe totale del paese nel caso di un default incontrollato, oppure di un Grexit, andando però contro le proprie idee. Oppure stare in pace con la propria coscienza, rispettando le idee e le tradizioni della sinistra, schierandosi contro l’intesa con i creditori, provocando però una crisi di governo e la caduta di un esecutivo delle sinistre, come vorrebbero proprio i creditori con Wolfgang Schauble primo nella lista.

Il dilemma era pesante ieri per i 149 deputati di Syriza, un po’ meno per i 13 dei «Greci indipendenti», il partito di destra e partner di governo che nonostante le denunce contro l’accordo e i «falchi europei», fin dalla mattina avevano deciso di votare a favore dell’accordo. A Syriza, invece, hanno continuato, o meglio si sono rafforzate, le voci di dissenso contro il premier Alexis Tsipras il quale ha sottolineato che farà di tutto per tenere unito il partito. Mentre scriviamo non è ancora cominciata la votazione finale sul pacchetto di misure richieste da Bruxelles, ma già si sa che l’accordo sarà approvato con una larga maggioranza. A favore si è schierata quasi tutta l’opposizione: i conservatori di Nea Dimokratia, i centristi del Potami e i socialisti del Pasok. Contrari, invece, i comunisti del Kke e i nazisti di Alba dorata.

[do action=”citazione”]È notte ad Atene. Il parlamento approva le prime norme del nuovo memorandum della Troika con 228 sì e 64 il no. Il governo Tsipras resta in carica ma Syriza perde 38 voti su 149 (32 no tra cui Varoufakis e 6 astenuti). Drammatico appello ai deputati di  Tsipras: «Non saremo una parentesi, la nostra lotta continua»[/do]

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La riunione del gruppo parlamentare, poco prima del dibattito, ha avuto invece toni drammatici. Mentre due giorni fa Alexis Tsipras aveva escluso di dimettersi e l’eventualità di un nuovo ricorso alle urne, ieri rivolgendosi ai deputati ha detto che «senza il vostro appoggio, sarà difficile essere ancora il primo ministro». Oltre alla «Piattaforma di sinistra», la più forte componente di opposizione all’interno di Syriza, che aveva reso noto che avrebbe votato contro, la presidente della camera, Zoi Konstantopoulou, già in scontro aperto con il portavoce parlamentare di Syriza, Nikos Filis, ha detto che non è disposta a dimettersi dal suo posto per facilitare la votazione. Il progetto di legge sull’intesa avrebbe dovuto essere approvato entro la mezzanotte di ieri sera, ma Kostantopoulou non era disposta a far partire il dibattito.

Il termometro della tensione è salito anche grazie alle nuove dichiarazioni di Yanis Varoufakis, il quale – dopo il suo allontanamento – pur rimanendo popolare, riceve forti critiche non solo dai partiti dell’opposizione, ma anche dai suoi compagni di partito per le modalità della sua negoziazione. L’ ex ministro delle finanze ha definito l’accordo di Bruxelles «un nuovo trattato di Versailles», rispondendo cosi al premier -con il quale mantiene anche rapporti di amicizia- il quale poche ore prima aveva detto che Varoufakis «è molto bravo dal punto di vista economico, ma non è un politico e ha commesso evidenti errori durante il negoziato».

Varoufakis, inoltre, -e questo ha provocato scalpore in tutta la Grecia- durante un’ intervista al Real fm radio ha detto che la sera dei risultati del referendum si è recato «al Megaro Maximou» (la sede di governo) pieno di entusiasmo per il glorioso «no» della maggioranza dei greci, ma nell’aula dove era presente il premier c’era un clima pesante. Sembrava quasi che «nessuno fosse contento della vittoria del governo». Ieri il ministro dell’Energia e dell’ambiente, Panayotis Lafazanis, leader della «Piattaforma di sinistra» ha specificato: «Appoggiamo il governo, ma non il memorandum. Ciò non vuol dire che Syriza si spaccherà», schierandosi ancora una volta a favore della dracma. Poche ore prima Tsipras aveva detto che «la priorità era evitare un disastro e firmare un accordo difficile in cui non credevo ma che ora rispetterò e che ci farà uscire dalla crisi».

Ieri invece ha annunciato le sue dimissioni la vice ministra delle finanze Nadia Valavani. In una lettera indirizzata al premier Tsipras, Valavani scrive che il governo di Berlino intende «umiliare completamente il governo (di Atene) e il Paese». L’intenzione della Germania è chiara: provocare una crisi di governo aprendo cosi la strada ad un governo di tecnocrati manovrati e controllati al 100% dai creditori. Secondo Valavani, nota per le sue lotte sociali, «questa soluzione, imposta oltretutto forzosamente, non è una soluzione sostenibile» e non garantisce alcuna crescita. Valavani esprime la speranza che «la battaglia continui», ma esistono molti dubbi sulla capacità di Tsipras di mantenere compatta Syriza.

Poche ore dopo, tramite una lettera aperta a Tsipras 107 sui 201 membri del comitato centrale del partito, più della metà, hanno chiesto una riunione straordinaria del dichiarandosi contro l’intesa tra il premier greco e creditori. È sembrata una contestazione aperta ad Alexis Tsipras, il quale non solo non sembra disposto di cedere alle pressioni, ma difende le sue scelte politiche. «Il piano approvato a Bruxelles per tre anni -ha detto- è migliore di quello offerto da Juncker e avrà un impatto fiscale più mite rispetto a quelli offerti ai governi precedenti».

Nell’elettorato di Syriza, invece, c’è un’aria completamente rispetto agli apparati del partito. Una parte della maggioranza dei greci, non necessariamente di sinistra, che si è schierata a favore di Syriza nelle elezioni del 25 gennaio e nel referendum del 5 luglio considera Alexis Tsipras un «traditore».

Si tratta di persone che hanno votato Syriza perché si aspettavano giorni migliori, perché avevano creduto in Tsipras quando prometteva l’abolizione del memorandum «con una legge che avrà soltanto un articolo». Persone che temono una nuova stangata.

Un’altra parte, invece, la maggioranza di questo mare immenso di greci che hanno votato per Syriza, appoggiano le scelte di Alexis Tsipras perché si rendono conto che il paese non era pronto per una uscita dall’ eurozona, che non c’ era un piano di uscita. Ammettono che il premier non è riuscito a mantenere le sue promesse elettorali, ma attribuiscono tutto questo ai ricatti dei creditori.