È strano notare come gli ultimi romanzi di Sandrone Dazieri richiamino nei titoli figure che in genere comunicano affidabilità. E come, poi, tali icone vengano in qualche maniera stravolte, rivelandosi, in realtà, minacciose, orribili, pericolose. Quasi come se l’autore avesse ben presente la figura del perturbante, das Unheimliche, ovvero, secondo le parole di Freud. «quella sorta di spaventoso che risale a quanto ci è noto da lungo tempo, a ciò che ci è familiare». Così, se il precedente libro, Uccidi il padre, si richiamava alla figura paterna, quello più recente si intitola L’angelo (Mondadori, pp. 449, euro 19,50). Naturalmente l’angelo in questione non è il messaggero divino oppure l’angelo custode, ma Glitiné, l’angelo della morte della tradizione lituana.

L’inizio della storia è davvero folgorante. Un treno ad alta velocità proveniente da Milano arriva alla stazione di Roma, portando al suo interno un carico di morte. I passeggeri del vagone con i posti più costosi, la Top class, sono tutti morti, come sulla nave che aveva portato Dracula a Londra. Puntuale arriva la rivendicazione dell’Isis. Eppure qualcosa non convince il vicequestore Colomba Caselli che decide di coinvolgere nell’indagine il suo partner dell’inchiesta precedente, il «matto» Dante Torre, soggetto a innumerevoli fobie e paranoie ma dalle incredibili capacità induttive. Si ricompone così la coppia del precedente romanzo.

Coppia inconsueta in quanto anche Colomba ha profonde ferite e cicatrici a livello psichico, legate, in gran parte, a un tremendo episodio, un sanguinoso attentato in cui è stata coinvolta. E ritornano anche tutta una serie di personaggi già visti all’opera in Uccidi il padre. Tra Roma, Berlino e Venezia, ma con inserti del passato ambientati in Ucraina, e tra manovre dei servizi segreti, oscuri maneggi, contractors, mafie dell’Est, la vicenda si dipana senza lasciar prendere fiato al lettore, fino a un epilogo davvero sorprendente.Con una vicenda unita da molti legami al libro precedente, L’Angelo può però essere letto senza conoscere niente del passato dei personaggi, grazie all’abilità dello scrittore nel fornire al lettore tutte le informazioni necessarie.
Scritto con la consueta maestria da Sandrone Dazieri, grazie a uno stile agile e tagliente, il romanzo trova ancora una volta la sua forza nella caratterizzazione psicologica dei personaggi, di tutti i personaggi, anche in quelli «secondari». Così come nell’evoluzione dei loro rapporti, innanzi tutto, naturalmente, quello che lega Colomba e Dante. Due persone diverse, e consapevoli della loro diversità, ma consci anche di essere «immersi in un grande spettacolo» di cui non sono i registi. Due paria. «Ma ci sono dei vantaggi a essere un paria. Se sei un uccello che vola insieme agli altri non saprai mai quali forme meravigliose tracci nel cielo, vedrai solo il culo di chi sta davanti a te».