Bulgaria, Repubblica Ceca, Paesi baltici, Ungheria… La lista dei Paesi dell’ex blocco socialista che hanno aderito alla Nato è lunga e ogni volta è stato un colpo duro alla Russia che aveva molti di quei Paesi come alleati nel patto di Varsavia. Difficile per Mosca non percepire ogni azione che allarga la Nato come una minaccia che mira a contenerla. E ieri è arrivata l’ultima puntata che va ad alimentare il dossier ancora aperto con l’Ucraina e a minare l’intesa appena costruita per combattere Daesh. L’ultima puntata è l’invito al Montenegro ad entrare a far parte dell’Alleanza atlantica: un Paese che, pur non appartenendo al patto di Varsavia, era percepito almeno come neutrale e che è comunque l’anticamera di un avvicinamento alla Serbia, un partner che ha in Mosca un alleato importante. Infine il Montenegro è un Paese rivierasco, sul Mediterraneo già circondato da alleati Nato: Albania e Grecia. E non è un segreto quanto tengano i russi a poter contare su Paesi vicini soprattutto se si affacciano su mari com’è per il Mediterraneo.

Non c’è dunque da stupirsi della reazione russa all’invito formalizzato ieri in apertura della seconda giornata della ministeriale esteri a Bruxelles presieduta dal segretario della Nato Jens Stoltenberg. Dopo il negoziato di accesso e la successiva ratifica dei parlamenti dei 28 stati membri dell’Alleanza, il Montenegro diventerà così il ventinovesimo socio, scelta che il premier montenegrino Milo Djukanovic – non esattamente un uomo di specchiata moralità e il cui nome appare anche nei dossier della giustizia italiana – ha definito storica. La stessa parola di Stoltenberg. «È – aggiunge il premier montenegrino – il giorno più importante per il Montenegro dopo il referendum del 2006 per l’indipendenza”.

La Russia esprime la sua contrarietà da tempo per un risiko da accerchiamento, a partire dalle ultime adesioni di Croazia e Albania (2009) e che adesso potrà contare nei Balcani su tre Stati (quattro se si considera il Kosovo, in un certo senso un protettorato della Nato con una notevole concentrazione di soldati stranieri). Poco conta se il processo di adesione sarà lungo (un paio d’anni): l’ennesimo tassello del Risiko è sistemato.
Quanto a Mosca, la rabbia è contenuta ma non nascosta: il portavoce di Putin Dmitri Peskov è stato chiaro e ha spiegato che la continua espansione della Nato verso Est non potrà che portare a dure azioni di risposta. Chi ha orecchie intenda. Intenda anche Mosca se – come ha scritto ieri la Bbc – fonti anonime della Nato sostengono che la scelta del Montenegro serve per dire a Mosca che deve dimenticarsi di poter avere un diritto di veto. Infatti questo paese di 650mila anime ha un esercito che conta circa 2mila effettivi e un paio di fregate. La scelta di candidarlo serve più come monito a Mosca che ha rafforzare la sicurezza dell’Alleanza.

Il processo di adesione non sarà comunque né facile né lineare. Nel Paese ci sono forti resistenze che non sono semplicemente “nostalgiche”. Basterà ricordare che nel 1990 Montenegro e Serbia fecero i conti proprio con gli aerei e le bombe della Nato. Anche quelle furono giornate storiche.