Alla vigilia della festa delle Forze Armate fra le camere si consuma un litigio all’arma bianca sull’amaro caso dei fucilati della Prima Guerra Mondiale e sulla temibile figura del generale Luigi Cadorna. Diffidare delle apparenze: non è una disputa storica, o fra esegeti in divisa della parola «onore». E la trincea sul «cadornismo» – che Gramsci ci perdoni – vede su fronti opposti, per una volta trasversalmente, militari e non.

La faccenda inizia due anni fa con un appello che un piccolo esercito di storici e intellettuali (fra gli altri Alberto Monticone, Luciano Canfora, Giulio Giorello, Mimmo Franzinelli, Antonio Gibelli, Nicola Tranfaglia) scrive al Quirinale e al premier Renzi, nell’imminenza delle commemorazioni del centenario della Grande Guerra. La richiesta è che siano riabilitati e annoverati nel giusto posto di «caduti per la patria» i soldati italiani fucilati «per mano amica». Un migliaio di ragazzi e ragazzini, le cosiddette ’vittime di Cadorna’: 750 fucilati dopo ’regolare’ processo e altri 300 morti fra fucilazioni sommarie e decimazioni per ordine dello stesso esercito in base alle famigerate circolari di quello che poi fu Maresciallo d’Italia – la più nota sarebbe stata ispirata dal suo consigliere psicologico Padre Agostino Gemelli – che consentivano agli alti comandi e ai tribunali di andare ben oltre i limiti imposti dalla legge. I soldati erano colpevoli di reati disciplinari per i quali non era prevista la pena di morte; oppure avevano cercato di evitare inutili massacri mettendo in discussione l’ordine di assaltare postazioni inespugnabili. Mala loro morte doveva essere «un salutare esempio» contro «la propaganda demoralizzatrice». In casi simili, in altri paesi l’onore è stato restituito da tempo. In Italia no.

Nel maggio 2015 arriva la svolta. La commissione difesa della Camera, all’epoca presieduta dal forzista Elio Vito, approva all’unanimità (solo un astenuto) un testo che dispone la riabilitazione della maggior parte dei fucilati. I più noti sono alpini, famosi quelli di Cercivento, le loro famiglie da anni aspettano. Titoli dei giornali, applausi generali. Concordia nazionale? E invece no.

La legge passa al senato, alla commissione difesa presieduta dal dem Nicola Latorre. Lì ha una lunga battuta d’arresto. Fino ai giorni scorsi quando viene depositato un testo tutto nuovo che sopprime quello precedente e lo sostituisce con un articolo unico in base al quale la Repubblica «onora la memoria dei propri figli in armi fucilati senza le garanzie di un giusto processo, e offre il proprio commosso perdono a chi pagò con la vita il cruento rigore della giustizia militare del tempo». Una decina di deputati insorge, in testa Gian Piero Scanu, anche lui Pd, che accusa: «Sconcertante, così si arriva a giustificare le decimazioni».

La replica di Latorre è durissima, si potrebbe dire cingolata: «La demagogia non serve, una riflessione storica seria su queste vicende è doverosa, ma la camera ha preso una decisione incompatibile con la logica legislativa. Paesi come la Francia e la Gran Bretagna non hanno demandato alla legge l’iniziativa sui morti a causa dei principi vigenti all’epoca, che pure oggi ci sembrano inaccettabili». Latorre non ha dubbi: «La riabilitazione è proponibile solo per i vivi». E in più: «La camera ha nominato un comitato di storici presieduto dall’ex ministro Arturo Parisi, ma poi non li ha mai consultati». E se a Montecitorio comunque il testo aveva ricevuto l’unanimità dei consensi, «qui al senato Forza Italia è stata molto critica, e così molti altri. L’alternativa era archiviare tutto. Ho scelto una giusta mediazione: offriamo il riconoscimento dell’onore per gli ingiustamente fucilati e il perdono per i giustiziati in base alle regole militari allora vigenti». Insomma, i morituri (eventuali) del senato in attesa di estinzione indossano l’elmetto. E, neanche a dirlo, il Pd si divide. Ma no, corregge Latorre: «Non esiste alcuna posizione del Pd su questo. C’è una rispettabile iniziativa di alcuni parlamentari di diversi partiti sulla quale i senatori della mia commissione hanno apportato le modifiche ritenute opportune. Sperando che si approvi una legge che restituisca onore a quei soldati». Onore, ma non riabilitazione.

* sul tema, domani 4 novembre alle 10 e 30 a Vittorio Veneto si terrà il convegno dal titolo ‘I fucilati della Grande Guerra: onor perduto?’ Intervengono il professor Guglielmo Cevolin dell’Università di Udina, Sergio Dini, sostituto procuratore presso il Tribunale di Padova, e i deputati Giorgio Zanin e Gian Piero Scanu