Nel novembre del 2006 a Güines, poco più di 30km a sud de L’Avana, la folla del piccolo pueblo cubano si era radunata nella piazza centrale vicina al Parque 9 de abril, tra Calle Valdés e San Julian. Sul ring approntato nel centro della piazza si sfidarono, sull’allora distanza olimpica di 4 round da 2 minuti, due giovani pugili. Uno di questi, poco più che ventenne, indossava la canotta della Boxe Roma San Lorenzo. Perse il match, ma fu una sconfitta formale, pressoché indolore. Per la prima volta un atleta di una palestra popolare italiana aveva combattuto a Cuba, patria della migliore tradizione pugilistica mondiale; e questo fatto era di per sé una vittoria, che il giovane sentiva sua proprio come la sentiva l’intera comunità della Palestra Popolare.

Questa comunità, la sua etica e la sua idea di sport, rischiano oggi la dismissione di fronte all’ennesima forzatura del commissario Tronca, deciso a strappare manu militari il patrimonio pubblico recuperato e valorizzato dalla galassia dell’associazionismo cittadino. La lettera di diffida per il rilascio dell’immobile, giunta a inizio mese all’Associazione Sportiva Popolare, è l’ultimo tassello di questo mosaico: un’operazione che mira a cancellare 18 anni di sacrifici e risultati, che si scaglia contro l’esperienza che per prima, in tutta Italia, ha portato alla ribalta l’idea dello sport popolare.

Nessuno escluso

Quando il 25 giugno 1998 i locali Ater di Via dei Volsci 94 vennero occupati, tutti sapevano che si sarebbe dovuto attendere molto per dotare nuovamente il quartiere di una palestra. «Si trattava dei locali dell’ex-Eca (Ente comunale di assistenza), che giacevano in completo abbandono da oltre 12 anni al centro del quartiere. Occupammo, pulimmo per settimane. Ci misero le mani 50, 60 o più persone; ognuno diede il suo contributo. Chi rasando i muri, chi organizzando eventi per finanziare i lavori», raccontano Paolo Arioti e Mariano Aloisio, allenatori di pugilato alla Popolare.

«Nel 1999 iniziarono i lavori: mi ricordo ancora l’impresa titanica che affrontammo per rifare l’intero impianto fognario, non solo della palestra, ma di tutta la palazzina. Nonostante il nobile progetto, quello di garantire l’accesso allo sport a tariffe popolari, non chiedemmo finanziamenti: autogestimmo tutto, dai lavori alle cene a sottoscrizione, fino ai concerti per le spese più importanti», puntualizza Mariano. I lavori videro la luce l’anno seguente: i primi due corsi ospitati nella palestra, quelli di pugilato e di full contact, partirono a gennaio del 2000. Mano a mano cresceva la partecipazione del quartiere, il numero dei frequentanti. Il successo della Popolare iniziava ad aumentare, nonostante a San Lorenzo si usasse un modo diverso per misurarlo: non il tintinnio delle monete in una cassa perennemente in rosso – perché sempre reinvestita nelle strutture – ma la capacità di farsi punto di riferimento in un quartiere sconquassato dalle logiche di speculazione, ingolfato dai meccanismi del divertimentificio adiacente l’università.

Il messaggio politico che queste mura hanno trasmesso è stato quello di saper dialogare con tutto il quartiere, nessuno escluso, comprese le personalità non immediatamente riconducibili al bagaglio socio-culturale di chi ha messo in piedi la palestra. La formazione sportiva di centinaia di bambine e bambini, il dialogo diretto con le loro famiglie, la diffusione di un messaggio di sport scevro degli effetti collaterali della competizione estrema, l’idea della massificazione della pratica sportiva come veicolo di educazione e inclusione – tutti aspetti che hanno rivoluzionato l’idea di sport a Roma e in Italia, creando precedenti di rilievo.

«Nel corso degli anni abbiamo tessuto rapporti con le scuole pubbliche del quartiere – racconta Alessandra Carenza, vicepresidente dell’Associazione sportiva Popolare e insegnante di tai chi e kung fu – e oggi siamo la prima associazione di quartiere per progetti e bandi scolastici che mirano a insegnare lo sport attraverso un processo etico diverso, fuori da logiche di sopraffazione e totalmente inserite in un contesto di rispetto dell’individuo prima ancora dell’atleta», specifica Alessandra.

 

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Palestra Popolare di San Lorenzo (foto Pierpaolo Scavuzzo)

 

In un breve saggio raccolto in Sport e rivoluzione (Odradek, 2012), Silvia Baraldini, parlando della sua esperienza sportiva da detenuta, scrive così: «La dedizione allo sport è intensa nelle prigioni americane. La direzione l’incoraggia perché aiuta la gestione pacifica della popolazione carceraria». La lezione di fondo sembra non essere propria dell’attuale governo di Roma Capitale. Intervenire a gamba tesa su una delle esperienze sociali dal più alto valore simbolico in città sembra essere un punto di non ritorno del braccio di ferro intrapreso da Tronca nella sua lotta per il ripristino della legalità. Il problema, in questo caso, è che il pugno di ferro del commissario non tiene conto delle trasformazioni amministrative che nel corso degli anni hanno interessato i locali di Via dei Volsci. «La lettera di diffida del Dipartimento Patrimonio di Roma Capitale è davvero curiosa», ammette Giuseppe Libutti, avvocato che sta seguendo la Popolare. «Richiamandosi alla delibera 140, viene intimato il rilascio dei locali entro 10 giorni, ignorando come dal 2008 l’Associazione Sportiva Popolare avesse una concessione amministrativa di 6 anni sui locali in questione, dietro pagamento di un canone di locazione concordato con l’allora amministrazione capitolina. Curioso inoltre come lo stesso Dipartimento non abbia mai dato risposta alle richieste di rinnovo della concessione avanzate dall’associazione», insiste Libutti. Nel marzo 2014, infatti, a 7 mesi dalla scadenza della concessione, l’Asp inizia l’iter burocratico per il rinnovo. Nessuna risposta, ma anche nessun diniego quando ogni mese il Dipartimento incassava la mensilità, al punto da far immaginare che, tacitamente, l’accettazione del bonifico equivalesse a un rinnovo cui mancava la sola formalizzazione amministrativa.

La mano che non colpisce difende

«Ci dicono che vogliono riprendere possesso di un locale per poi metterne a bando la gestione per creare nuovi servizi, ma al contempo tolgono un servizio riconosciuto dall’intero quartiere e interrompono un flusso d’entrate nelle casse comunali. Mi sembra una condotta illogica», conclude Libutti. Così, in attesa del primo atto di una battaglia che si preannuncia lunga (venerdì mattina, allo scadere dei 10 giorni, è attesa la forza pubblica a San Lorenzo, ma ad attenderla ci saranno centinaia di persone convocate alle 6:30 per una “colazione resistente”), la Popolare continua la sua attività, cresce l’attenzione intorno a questa vicenda e si preparano le prime bozze di difesa giuridica.

Come recita un video che racconta l’esperienza della boxe a San Lorenzo, girato da una pugile della palestra, «la mano che non colpisce difende»: la comunità sanlorenzina, supportata dall’associazionismo cittadino e dai movimenti sociali, è stretta all’angolo ma sembra aver incassato bene il fendente della diffida. Ora si prepara a contrattaccare, utilizzando soluzioni che potrebbero mettere in difficoltà il suo avversario: le urla dei bambini durante le lezioni di arti marziali, la tenacia di chi fa arrampicata e si libra nel vuoto, la velocità e l’intuito della squadra di boxe, la forza e il coraggio di un’esperienza 18enne, oggi pronta più che mai a prendersi le sue responsabilità per salvaguardare un bene comune.