L’opposizione argentina in piazza con una grande mobilitazione contro il governo che si conclude oggi nella storica Plaza de Mayo. Lì hanno ripreso a sfilare le Madres per accompagnare i settori popolari, duramente colpiti dalle misure neoliberiste del governo Macri, che vuole farla finita con gli anni del kirchnerismo. La Marcia federale dei lavoratori per esigere che il governo ponga fine all’aumento dei servizi pubblici, ai licenziamenti di massa, all’inflazione e alla perdita di potere d’acquisto dei salari mira a ripetere una grande analoga mobilitazione che ha avuto luogo nel 1994 durante il governo neoliberista dell’allora presidente e attuale senatore Carlos Menem.

La manifestazione, convocata da varie sigle sindacali e dalle organizzazioni popolari è stata raggiunta da un comunicato dei medici, che hanno indetto uno sciopero in tutti gli ospedali. Una premessa per un grande sciopero nazionale di tutte le categorie, per dichiarare nel paese l’emergenza sociale. La protesta riguarda anche i problemi che patiscono le cooperative e l’economia popolare autogestita. Per questo, alla mobilitazione hanno aderito molte organizzazioni sociali e per i diritti umani.

A fine agosto, le organizzazioni che da anni si battono per il recupero della memoria e contro l’impunità per i repressori dell’ultima dittatura civico-militare (1976-1983) che ha provocato oltre 30.000 desaparecidos, si sono ritrovate a festeggiare insieme alle Madres e alle Abuelas de Plaza de Mayo: per la sentenza di un tribunale di Cordoba che ha pronunciato uno storico giudizio di condanna contro 43 accusati per crimini di lesa umanità commessi nei centri di tortura clandestini di Cordoba. Tra questi, il famigerato centro la Perla. Si tratta del più grande processo della storia di Cordoba, durato tre anni e otto mesi. Migliaia di persone si sono riunite davanti al tribunale e hanno ascoltato in silenzio la sentenza che si è prolungata per oltre un’ora, reggendo immagini dei loro cari scomparsi. La storica madre di Plaza de Mayo, Hebe de Bonafini, inseguita da un mandato di comparizione della magistratura, ha attaccato allora le dichiarazioni di Macri che ha sostenuto di non conoscere il numero dei «desaparecidos».