Dopo l’andata di indignazione mondiale per la marchiatura sul braccio con pennarello indelebile, il Ministro degli Interni ceco fa marcia indietro sulla pratica.

Secondo un comunicato stampa di ieri mattina, «le immagini mostrate non rappresentano un metodo di lavoro standard della Polizia ceca». A detta del Ministero l’uso dei pennarelli sarebbe stato dettato «dalla mancanza di tempo e dalla volontà di mantenere uniti i nuclei famigliari». Viene così smentita la Polizia di Confine, che alle prime reazioni critiche dall’estero aveva parlato di procedimenti standard.

L’ondata di sdegno internazionale non ha così trovato una grande comprensione né presso la polizia né nella società ceca. Tuttavia la polizia ha comunicato un cambiamento di atteggiamento rispetto ai profughi siriani, che sono stati registrati in Ungheria. Questi profughi infatti non saranno più detenuti nei centri. «La polizia li identificherà, farà un colloquio con loro e chiederà se vogliono domandare asilo politico», ha riferito la portavoce della Polizia di Confine Katerina Rendlova, «Qualora i profughi non vogliano richiedere asilo in Repubblica Ceca, la polizia darà un’ingiunzione a lasciare il territorio nazionale entro sette giorni». La nuova procedura dovrebbe quindi accelerare il viaggio dei profughi siriani passati per l’Ungheria. La polizia ha anche fatto sapere che libererà a breve i primi duecento profughi siriani detenuti nei centri.

Ma il cambiamento di corso non è stato determinato da una maggiore apertura del governo ceco verso i profughi. L’apertura dei confini è considerata piuttosto come una sburocratizzazione della procedura. «Il cambiamento di procedura è determinato dall’Ungheria, che non rispetta il Trattato di Dublino e non riprende indietro i profughi registrati sul suo territorio. Allo stesso tempo la Germania ha fatto sapere di essere disposta ad accogliere i profughi siriani, quindi la loro detenzione era senza effetto», dice ancora portavoce Rendlova. Il gesto delle autorità ceche tuttavia arriva proprio nel giorno in cui le Ferrovie ungheresi hanno annunciato la cancellazione di treni diretti per la Germania passanti per il territorio ceco. I numeri dei profughi «graziati» quindi potrebbe essere assai ridotto.

Come sottolineato dalle autorità, il via libera riguarda esclusivamente i siriani registrati in Ungheria. Tutti gli altri profughi, anche quelli siriani non passati per l’Ungheria, saranno come al solito identificati e detenuti nei centri. Per loro è stato costruito un campo di detenzione provvisorio in tenda presso la cittadina di Postorna, presso la stazione di Breclav. Contro il campo si è schierato il sindaco della città Pavel Dominik (Indipendente, di destra), che tuttavia ha assicurato, che «il campo sarà strettamente sorvegliato dalla polizia evitando ogni contatti tra i cittadini e i profughi».

Ma non tutte le municipalità sono chiuse a riccio. Da settimane il Comune di Brno fa sapere di essere disposto ad accogliere decine di profughi, stesso passo è stato fatto anche dal Municipio di Praga Capitale. Solidali con i profughi anche le due università cittadine, i cui studenti e professori preparano corsi d’istruzione oppure forniscono nei centri assistenza medica e legale.

Infine in vista del vertice dei Paesi Visegrad, che si terrà oggi a Praga, sono cresciute di tono le critiche ai paesi del centro-est Europa, Repubblica Ceca compresa, da parte dei partners europei. Stavolta a parlare è stato il vice-cancelliere tedesco Sigmar Gabriel. «C’è chi pensa, che l’entrata in Europa sia stato solo un modo per guadagnare danaro, e quindi coopera, quando gli vengono versati dei soldi, e smette di cooperare, quando arrivano le difficoltà», ha detto Sigmar Gabriel all’indirizzo dei Paesi dell’Est. Dello stesso tono le critiche del cancelliere austriaco Werner Faymann.

Oggi a Praga i premier di Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia e Ungheria dovrebbero confermare il loro orientamento contro la redistribuzione dei profughi tra Paesi europei. Tuttavia i quattro per ora sembrano in splendido isolamento.