Se l’estate, a differenza della appena trascorsa orribile primavera, deciderà di fare il proprio mestiere, potremo finalmente indossare il costume da bagno, delizia per alcuni, croce per altri.

 
Mettersi in mutande, perché di questo si tratta, richiede una certa autostima o consapevolezza o menefreghismo. Benché colorato, decorato, discreto o modellante, il costume da bagno mostra al mondo quello che di solito resta celato e racconta molto della genetica, dell’età, dello stile alimentare, della cura di sé, delle abitudini, di eventuali acciacchi o tesori nascosti. Insomma è come mettersi in piazza permettendo a degli sconosciuti di guardare, giudicare, commentare fra sé e sé o con altri come si è fatti. C’è da capire chi va in ansia per questo, soprattutto in un’epoca come quella attuale dove il giudizio estetico può essere espresso in modo feroce, soprattutto fra i giovani.

 
Come in molte altre cose della vita, anche la prova costume va presa con ironia. Ho un’amica che da almeno trent’anni, alla fine di ogni estate si fa fare una foto in bikini, poi la guarda, la confronta con quella dell’anno prima, valuta la situazione e decide se regge ancora per l’anno a venire. Se è un sì comincia l’autunno felice e sicura. E quando arriverà il no? Le ho domandato una volta. Mi ha risposto: «Ci penserò allora. Perché devo angosciarmi in anticipo?». Saggia donna.
Le foto le tiene tutte insieme in un piccolo album, catalogate anno per anno: prima del matrimonio, dopo i due figli, prima e dopo le protesi al seno.

 

 

Lei è consapevole di non essere più liscia e asciutta come da ragazza, però sa anche che la sua sicurezza e l’avere vissuto golosamente la vita compensano alla grande quell’ombra di cellulite o le ginocchia non più perfette. Il costume, poi, è sempre dello stesso tipo: triangolo sotto e due triangoli sopra. Non le è mai venuto in mente di cambiare modello perché sa che quello è il meglio per lei. Per dirla rapida, se ne frega di ciò che suggerisce la moda e ciò non le ha mai impedito di trovare corteggiatori.

 
Chi invece dà retta ai suggerimenti degli stilisti, a ogni stagione dovrebbe scendere in spiaggia travestita da qualcosa. Quest’anno, per esempio, c’è chi suggerisce di trasformarsi in una Bond Girl con tanto di slip e reggiseno dorati, esplicito riferimento a «007 Missione Goldfinger», o in Cat Woman, tanto per dare un senso a una serie di due pezzi neri con inserti di rete, bordi goffrati o a volant. Si può optare per stampe esotiche ispirate alle ceramiche del Marocco, o a pezzi ideati dalla figlia di un Beatles con sopra limoni e pompelmi così grossi da sembrare rubati a una tovaglia. Nei primi due casi si solletica l’emulazione di un personaggio da film, nei secondi due un’allure domestico/maliziosa.

 
C’è da giurare che i maschi alfa non coglieranno queste sfumature perché loro mica guardano il costume, ma quello che c’è attorno. In realtà, siamo noi donne a volere quel gioco, un po’ per piacere a noi stesse, un po’ perché sappiamo che il giudizio più impietoso verrà dagli sguardi femminili più che da quelli maschili.
C’è una sola strada per uscire da quel giro vizioso. Fregarsene. Fregarsene se il costume che ci sta meglio non è quello all’ultima moda. Fregarsene se non possiamo permetterci il tanga (che per altro è passato di moda). Fregarsene se non abbiamo più le tette attaccate alle orecchie, perché ogni età ha la sua bellezza e il suo costume da bagno. Comunque suggerisco ugualmente la verifica foto. Aiuta a restare autocritici e a evitare figuracce. Naturalmente tutto ciò vale anche per gli uomini.

mariangela.mianiti@gmail.com