Lo si potrebbe chiamare il gemello turco di Charlie Hebdo. Si chiama Leman, è nato a Istanbul, ha alle spalle una storia di trent’anni e tanti punti in comune con il giornale satirico francese. È un settimanale, di sedici pagine, e nello stesso formato tabloid. Le loro matite si sono incontrate più di una volta, la visita più intensa è stata quella fatta da Wolinski nel 2002, invitato da Leman, per dimostrare solidarietà ai fratelli turchi che attraversavano una fase difficile, sotto gli attacchi del potere, che non gradiva chi lo derideva, criticava e metteva alle strette.
Di quell’esperienza, Wolinski ricordava lo stupore e il rispetto per una rivista coraggiosa nata in un paese musulmano in cui la censura è ancora molto praticata e, nonostante questo, ugualmente assai critica. Alcuni autori di Leman, come Güneri Içoglu e Tuncay Akgun hanno vissuto sulla loro pelle il carcere e la clandestinità. Il primo arrestato nell’89 per colpa di un fumetto giudicato un insulto per la tradizione turca, il secondo considerato persona non grata durante gli anni della giunta militare, vivendo senza passaporto in semi clandestinità.

Passaggio di testimone
Leman, in tutti questi anni, non si è mai sottratto a un’analisi politica e sociale del paese attraverso la satira e l’ironia. Una critica che trae ispirazione dalla vita di tutti i giorni. È un giornale molto diffuso e letto, spesso anche grazie a un passaggio virtuoso di copie nei luoghi di ritrovo, sugli autobus, nei caffè. Leman ha raccolto il testimone della storica rivista GirGir, animata dal disegnatore Oguz Aral, morto anni fa, considerato un maestro da Mehmet Çagçag e Tuncay Akgün, cofondatori del magazine. Il gruppo, oltre al settimanale, pubblica anche libri che raccolgono le strisce dei personaggi ricorrenti, altre due riviste, e gestisce un caffè vicino a piazza Taksim. GirGir era legata all’opposizione alla giunta militare, mentre Leman ha allargato la critica anche verso gli islamici radicali, i tanti tabù della società turca, i conservatori. Alcune caricature sono diventate dei personaggi tipo. Fra i nomi più noti della redazione, figurano Ramize Erer e Güneri Içoglu.

La memoria di quell’incontro con una parte di Charlie Hebdo è ancora molto forte per l’intera redazione di Leman che nei giorni scorsi ha salutato e omaggiato gli amici e colleghi uccisi a Parigi con un numero speciale in cui c’erano i ricordi, le interviste, le vignette, le immagini di quella occasione insieme ai sentimenti e ai pensieri sul tragico attacco. «Sono rimasto scioccato. Conoscevo personalmente Wolinski. Era uno dei miei idoli come Reiser di Harakiri, una rivista della mia gioventù – dice il direttore di Leman Mehmet Çagçag – Poi ci siamo conosciuti e siamo diventati amici. Nel 2002 invitammo Charlie Hebdo a Istanbul e ci confrontammo sui problemi comuni, le analogie dei temi che trattavamo, ma anche sui punti divergenti. Wolinski sosteneva che tutti i cartoonist sono uniti da legami invisibili, come fratelli e sorelle. Guardavamo la vita dalla stessa finestra e, per alcuni versi, con lo stesso humor. Per questo abbiamo voluto condividere la gioia di quella visita con i nostri lettori preparando un numero speciale. La relazione con i nostri lettori è una lunga amicizia; entriamo nelle loro case ogni settimana e risolleviamo loro il morale». «È stato un attacco contro che va oltre le caricature e le risate – aggiunge Çagçag – un colpo inferto rappresentato dalla contrapposizione fra un’arma e una matita. La paura ha scelto il sorriso come nemico… Arriveremo al punto che ci spaventeremo a dire che siamo caricaturisti in Turchia. Oggi nell’area geografica in cui vivo non è facile dire di essere un disegnatore. Non è mai stato così difficile usare le matite in un paese musulmano. La popolazione è sotto pressione e minaccia. Le formazioni fondamentaliste stanno portando la fede e le convinzioni islamiche sotto la loro egemonia per piegarle a loro piacimento e imporle a forza sui musulmani. Lo humor e la satira sono efficaci contro il potere, soprattutto se stanno dalla parte del più debole. Come diceva Bergson ciò che è rigido e inflessibile è divertente e una risata è la miglior punizione».

Uccidere la paura
Fra i due magazine, una differenza fondamentale è lo spazio dedicato alla politica: «Su Leman abbiamo meno pagine sul tema perché i lettori in Turchia non sono così interessati. Le azioni del governo spingono la gente lontano dalla politica, in Turchia le attività di depoliticizzazione sono iniziate dopo il colpo militare dell’80. I francesi, invece, sono molto più coinvolti e calati in questa dimensione, ma la differenza più stridente è che loro non hanno censura mentre noi sì. Anche le edicole la applicano, nascondendo le nostre riviste sotto il bancone. Questo non esisteva in passato, ma dopo la questione delle vignette in Danimarca in Turchia è emersa un’apparente ostilità contro i giornali a fumetti. Non si può parlare di un vero attacco, ma ci sono minacce, repressioni e assalti verbali mirati».

Anche con queste premesse, l’attività del giornale va avanti a testa alta e non si fa intimidire. «La paura corrode l’anima – spiega Çagçag – Cerchiamo di uccidere i nostri timori con lo humor, prendendo in giro e ridendo di più. Durante lemanifestaioni di Gezi Park le strade erano un’unica rivista fatta di strisce e vignette! Eravamo stupefatti da quanto fosse straordinario e meraviglioso. Invidiavamo alcuni slogan e battute che leggevamo intorno a noi. La gente ci ha onorati, dicendo che queste erano le generazioni cresciute con i nostri giornali. Erano parodie molto sottili e raffinate, ovunque si leggevano battute assurde. Come in una sorta di follia collettiva fatta di satira. Era la prova concreta dell’espressione di Umberto Eco il riso uccide la paura. La gara a trovare le più intelligenti e lucide era un modo per combattere la paura e incoraggiare il popolo di Gezi nelle difficoltà. Il governo ha usato tutti i mezzi per reprimere le dimostrazioni con un uso sproporzionato di forza contro i giovani. La saggezza e il buon senso dei manifestanti ha fermato le manifestazioni per sua stessa decisione, per evitare tragici conclusioni».