Un film turco che già aveva lasciato un segno a Cannes (stava alla Quinzaine des realisateurs) ha messo d’accordo giuria e pubblico al Festival di Sarajevo. La 21a edizione – che si è chiusa sabato scorso – ha laureato Mustang dell’esordiente Deniz Gamze Ergüven, già acquistato da Lucky Red e in uscita italiana a novembre. Un film tutto al femminile, di ragazze scalpitanti come i cavalli del titolo. Una ventata di energia e voglia di libertà, con la tredicenne Lale che racconta e in parte conduce la ribellione di cinque adolescenti contro la nonna e lo zio che le vogliono chiudere in casa e costringere a matrimoni combinati. Mustang ha vinto il Cuore di Sarajevo per il miglior film, quello per le interpreti femminile (le scoppiettanti Günes Sensoy, Doga Doguslu, Tugba Sunguroglu, Elit Iscan e Ilayda Akdogan) e il premio del pubblico.

 

 

Premio speciale della giuria, tra i dieci film del concorso provenienti dall’Europa centro-sud orientale, all’ungherese Son of Saul – Saul Fia di László Nemes, già Gran Prix al Festival di Cannes e favorito della vigilia. Il greco Chevalier di Athina Rachel Tsangari, rimasto senza premi al Festival di Locarno, ha ricevuto una menzione speciale e il Cuore per l’insieme degli attori, in questo caso tutti maschi. Una caratteristica della selezione di Elma Tataragic è stata puntare sulle opere prime (ben sei) e su film già passati in festival maggiori, dato quest’ultimo che può essere interpretato sia come un successo delle cinematografie della regione, sempre più presenti nelle rassegne importanti, ma anche come «prova» che il festival ha perduto un po’ della sua caratteristica di scoperta. Del resto quello di Sarajevo è anche un festival cittadino, con proiezioni in più luoghi della capitale, solitamente affollate.

 
Tra i successi di pubblico va menzionato Tigers – Tigrovi, produzione internazionale girata in Pakistan da Danis Tanovic, premio Oscar per No Man’s Land e applauditissimo dai suo concittadini. Dalla storia vera di un informatore farmaceutico che denuncia la Nestlè (nel film diventa Lasta, ma una parte significativa della pellicola è dedicata alle discussioni con un avvocato sull’opportunità di riferire nomi e circostanze reali) e la vendita di latte in villaggi dove l’acqua inquinata metteva a rischio la vita dei neonati. Un lavoro appassionato, che ha impegnato il regista per anni («il primo viaggio in Pakistan è stato nel 2006» ha detto), che forse arriva un po’ in ritardo (i fatti sono del 1994), di denuncia, molto classico ma non manicheo. Un’altra odissea sanitaria dalla parte dei più poveri, anche se lo stile di ripresa è opposto, che ha parecchio in comune con l’opera precedente di Tanovic, An Episode in the Life of an Iron Picker.

 

 

Tornando al concorso, ha ricevuto il premio non ufficiale della Cicae il croato Zvizdan – Sole alto di Dalibor Matani presto in Italia grazie a Tucker. Una curiosità è l’interesse crescente, a meno che si tratti di una coincidenza, delle distribuzioni nostrane per queste opere: anche The TreasureIl tesoro del romeno Corneliu Porumboiu uscirà da noi, sempre reduce da Cannes.

 
Interessante anche l’altro lungometraggio della Romania in gara, Back Home – Acasa la tata di Andrei Cohn, questo in prima internazionale. Il tema è stato più volte frequentato dai cineasti della nuova onda romena, il ritorno nel paese natale di un quarantenne scrittore fallito, ma Cohn mostra una capacità di scrittura e direzione degli attori interessante. Una vicenda che si sviluppa in poche ore e pochi luoghi, basata su dialoghi molto lunghi, che forse impiega troppo tempo a delineare la situazione ma diventa effervescente nel confronto tra il protagonista Robert e il vecchio amico Petrica e crollano tutti i castelli di bugie. Rischia di esaurirsi in un esercizio di stile con messa in scena rigorosa ma troppi elementi che portano di direzioni diverse l’altro film turco in concorso,Entanglement – Dolanma di Tunç Davut: due fratelli boscaioli stagionali entrano in contrasto a causa di una donna, mentre al cane e ai polli succedono cose misteriose.

 
Alti e bassi invece nel concorso documentari, vinto da Toto si surorile lui – Toto and his Sisters del romeno Alexander Nanau: i ragazzi crescono quasi da soli mentre la madre è in carcere per droga, filmati da Nanau con una partecipazione che lo porta a cogliere le piccole cose quotidiane che contengono grandi svolte.

 
Il premio speciale è andato all’ungherese Titita di Tamás Almási e mezione a Flotel Europa di Vladimir Tomic, già al Forum della Berlinale, racconto in prima persona del regista stesso della propria esperienza di ragazzino profugo dalla Bosnia a Copenhagen, su una barca-albergo che diventa una comunità balcanica.

 
Personale e curioso Chasing a Dream dell’altro bosniaco Mladen Mitrovic, che torna al cinema dopo oltre vent’anni e va alla ricerca degli interpreti dei suoi primi lavori in giro per il mondo in un’alternanza di risate e ricordi amari.