Inghiottiti dall’acqua mentre cercavano di raggiungere l’Europa. Morti nel tentativo disperato di sfuggire alla morte. Solo nella settimana che ci siamo appena lasciati alle spalle sono stati 880 i migranti che hanno perso la vita nel Mediterraneo. Uomini, donne e bambini vittime della miseria in cui erano costretti a vivere o di una guerra che non hanno dichiarato. Vittime due volte: perché obbligati a lasciare le loro case e perché morti in quelli che ancora qualcuno chiama viaggi della speranza.
Un bilancio pesantissimo tracciato ieri a Ginevra dall’Unhcr, l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati, che ha fornito le cifre drammatiche della crisi dei migranti.
Numeri che portano l’Unhcr a definire quello in corso come «un anno particolarmente letale» per chi fugge da fame e guerra. E questo mentre i ricollocamenti procedono a rilento, tanto da spingere la Commissione europea a minacciare procedure di infrazione nei confronti di quegli Stati che ancora si rifiutano di accogliere quanti hanno fatto richiesta di asilo.
La rotta del Mediterraneo centrale, quella che dalla Libia conduce in Italia, si conferma ancora una volta come la più pericolosa al mondo. Dei 2.510 migranti che hanno perso la vita partendo dall’Africa o dalla Turchia dall’inizio dell’anno fino alla fine di maggio (nello stesso periodo del 2015 furono 1.855), 2.119 sono morti nel canale di Sicilia.
La spiegazione di questa strage, secondo l’Unhcr, si troverebbe nella scelta dei trafficanti – determinati a guadagnare sempre più dalla disperazione d vuole raggiungere l’Europa – di riempire sempre più i barconi utilizzati per la traversata. Fino a 600persone a viaggio, compiuto su imbarcazioni che sempre più spesso non sono neanche in grado di raggiungere le acque internazionali. Cosa che non è accaduta fin quando è stata aperta sulla rotta tra Turchia e Grecia.
Per quanto riguarda invece le perone che hanno raggiunto l’Europa, sempre nei primi cinque mesi dell’anno sono state 203.981, tre quarti delle quali siriani e afghani che hanno compiuto la traversata dalla Turchia alla Grecia prima dello scorso 18 marzo, giorno dell’entrata in vigore dell’accordo tra l’Unione europea e la Turchia. 46.714 sono invece i migranti arrivati in Italia dall’Africa subsahariana, numero di poco superiore a quello registrato nello stesso periodo dell’anno scorso.
Ormai non passa praticamente giorno senza che il bilancio dei naufragi e delle vittime necessiti di un aggiornamento. Soprattutto grazie alle testimonianze rese ai soccorritori dai sopravvissuti alle tragedie.
Sta accadendo anche per i tre naufragi avvenuti da domenica scorsa. «dalle persone che sono giunte ad Augusta in questo fine settimana – ha spiegato il portavoce dell’Unhcr, William Splinder – abbiamo saputo che altre 47 persone risultano disperse dopo che un’imbarcazione gonfiabile, partita dalla Libia con a bordo 125 persone, si è sgonfiata. Altre persone hanno riferito della scomparsa in mare di ulteriori otto persone che si trovavano su un’altra imbarcazione , e sono stai inoltre segnalati quattro morti a causa di un incendio divampato su un’altra barca».
Splinder, che ha ricordato anche le violenze subite dai migranti durante il viaggio, ha chiesto infine ancora una volta all’Unione europea di creare canali di ingresso legali e ha definito «vergognoso» il fatto che finora siano state meno di 2.000 le persone ricollocate sulle 160 mila annunciate.
E proprio i ricollocamenti si è parlato ieri a Bruxelles. procedono troppo lentamente ha detto la portavoce della Commissione europea, Mina Andreeva. Finora appena l’1% delle ricollocazioni promesse sono state eseguite. E anche se da una settimana, per la prima volta, si registrano ricollocamenti giornalieri, «il ritmo deve accelerare», ha detto la portavoce, oppure la Commissione farà scattare le procedure di infrazione. «A oggi abbiamo avuto 1.816 persone ricollocate da Italia e Grecia. Stiamo parlando di una decisione legalmente vincolante, una legge europea che deve essere messa in atto da chi ha preso la decisione nel Consiglio» – ha proseguito Andreeva annunciando che dalla commissione guidata da Jean Claude Juncker sono già partite lettere di avvertimento verso gli Stati inadempienti. «Se sarà necessario – ha concluso la portavoce – non ci vergogneremo di esercitare i nostri poteri».