L’ultimo tentativo manifesto di controriforma della sanità pubblica è stato fatto a maggio del 2009 dal governo Berlusconi con la presentazione del “libro bianco” (Sacconi: “la vita buona in una società attiva”) . Il suo postulato era che l’universalismo, quindi il diritto alla salute, fosse del tutto incompatibile con le risorse assegnabili (problema oggi indicato con il termine “sostenibilità”).Un’idea liberista quindi, non tanto una oggettiva scarsità di risorse, che esigeva che i soldi pubblici per la salute delle persone fossero spesi per ben altro. Le proposte erano due: “l’universalismo selettivo” e “sistema multi pilastro” (mutue, fondi, assicurazioni, pubblico residuale). Lo Stato così avrebbe dovuto tutelare solo i più deboli, gli “indigenti”.. gli altri per essere curati avrebbero dovuto pagare.

Il “libro bianco” non incontrò nessuna opposizione, a parte i soliti, fu apprezzato e condiviso dal Pd che al tempo era rappresentato da Enrico Letta ( “la sanità che vogliamo” 14 maggio 2009) e successivamente fu assunto dal neo ministro della salute Beatrice Lorenzin come pensiero guida. L’attuale ministra è convinta che l’universalismo sia una “utopia” e che in quanto tale esso debba essere mitigato «assicurando le cure solo a chi ne ha effettivamente bisogno».
I cambi di governo che si susseguirono causarono l’uscita di scena del “libro bianco” ma non il suo disegno contro riformatore che particolarmente oggi è più che mai all’opera ma con una differenza. Quelli del “libro bianco” compresero che non valeva la pena scontrarsi per delle norme contro riformatrici e spaccare il paese in due, perché la controriforma si sarebbe avuta lo stesso continuando imperterriti a de finanziare la sanità, a de capitalizzare il lavoro, a spingere sulla privatizzazione delle tutele. All’attacco frontale al diritto alla salute quindi si preferì ciò che attualmente è in vigore cioè l’assedio, le azioni demolitrici mirate, l’accerchiamento.

La legge di stabilità è dentro questa logica. Come ha denunciato il sindacato dei medici ospedalieri (Anaao), fino al 2020 è stata programmata all’insegna della flessibilità una costante riduzione del personale dei servizi che, si può star certi, quando a regime darà il colpo definitivo al sistema. Senza capitale professionale non è possibile garantire le tutele pubbliche. Sino ad ora è stato il lavoro a compensare gli effetti deteriori del definanziamento. Oggi per quelli del “libro bianco” gli operatori della sanità sono di fatto l’ultimo baluardo da sbaragliare. Ma i veri terminator della controriforma restano le Regioni che hanno appena dato la loro disponibilità al ministro per gli affari regionali Maria Carmela Lanzetta di far pagare alla sanità il conto dei tagli a loro carico previsti dalla legge di stabilità accettando di abbassare il Fsn (fondo sanitario nazionale) almeno di 1.5/1.8 mld. Sulle Regioni non trovo una sufficiente misura di biasimo tanto esse sono oltraggiose da ogni punto di vista.

Ora se questo è lo scenario dobbiamo fermarci un momento e fare il punto su cosa fare. Se andremo avanti di questo passo nel giro di pochissimi anni avremo attuato nei fatti il “libro bianco” del 2009. Ma come funziona questa dinamica distruttiva?

Quello che si sta facendo dalla comparsa del “libro bianco” ad oggi è creare le condizioni perché l’art 32 sia interpretato alla lettera : «la Repubblica ….garantisce cure gratuite agli indigenti». Ma interpretare alla lettera equivale a riscrivere questo importante articolo in senso peggiorativo. Mi spiego meglio: l’art 32 nella prassi legislativa di questi ultimi 40 anni è stato interpretato di fatto in senso estensivo, cioè in senso universalistico per garantire le cure a tutti. La riforma sanitaria del 1978 di fatto è una riscrittura dell’art 32. Oggi a me pare che si voglia annullare questa riscrittura contro-riformando 40 anni di prassi universalistica e quindi tornare all’art 32 del 1948 cioè pre-riforma sanitaria con ciò affermando il principio che lo Stato tutela solo gli indigenti. Mi chiedo se non sia il caso di fronteggiare questo disegno nel senso di correggere l’art 32. per salvaguardare la prassi universalistica, con una iniziativa legislativa che scriva senza ambiguità «la repubblica…garantisce cure gratuite a tutti» e non solo agli indigenti e stoppare tutti i tentativi di controriforma in corso.

Alcuni con i quali ho condiviso questo intento sono perplessi e temono che riaprire la discussione sull’art 32 sia pericoloso, ma penso che peggio di così non possa andare. Nell’art 32 già oggi è scritto che la tutela va limitata ai soli indigenti e nella realtà sanitaria le prassi già sono quelle dell’universalismo selettivo, già oggi si tende a curare solo i più deboli nel senso che si stanno obbligando sempre più i cittadini a provvedere in proprio ai loro bisogni di salute. Ormai l’ambito della privatizzazione effettiva della sanità se consideriamo tutto (ticket, tasse, intra moenia, medicina convenzionata, medicina privata, accreditata…) equivale in termini di attività almeno alla metà di tutte le attività pubbliche. Altrimenti non si spiegherebbe la ragione per la quale il nostro sistema in Europa è quello che costa meno. Costa meno perché ormai esso è indigent oriented.

Forse è il caso che i difensori della sanità pubblica, che non sono pochi, si organizzino per vendere cara la pelle. Oggi si tratta di issare la bandiera dell’art 32 per impedirne la regressione.