Dopo gli attentati di Parigi l’Europa si avvia allo scontro armato e papa Francesco ieri ha pronunciato una vera e propria scomunica: siano «maledetti» ha esclamato, durante la messa a Santa Marta, quanti per arricchirsi fanno la guerra, che provoca vittime innocenti e riempiono le tasche dei trafficanti. «La guerra – ha denunciato – è proprio la scelta per le ricchezze: ’Facciamo armi, così l’economia si bilancia un po’, e andiamo avanti con il nostro interesse’. C’è una parola brutta del Signore: ’Maledetti!’. Perché Lui ha detto: ’Benedetti gli operatori di pace!’. Questi che operano la guerra, che fanno le guerre, sono maledetti, sono delinquenti».

E poi ha sollevato il velo sulla retorica che sta accompagnando gli attacchi in Medio Oriente, Terzo conflitto mondiale non dichiarato ufficialmente: «Una guerra si può giustificare, fra virgolette, con tante, tante ragioni. Ma quando tutto il mondo, come è oggi, è in guerra, tutto il mondo!, è una guerra mondiale a pezzi: qui, là, là, dappertutto, non c’è giustificazione».

Il papa torna a chiedere un nuovo cammino sulla «strada della pace», a partire dalla lezione del Vangelo: «Anche oggi Gesù piange – ha sottolineato Bergoglio – perché noi abbiamo preferito la strada delle guerre, la strada dell’odio, la strada delle inimicizie. Siamo vicini al Natale: ci saranno luci, ci saranno feste, alberi luminosi, anche presepi, tutto truccato: il mondo continua a fare la guerra. Il mondo non ha compreso la strada della pace». Anche le commemorazioni recenti sulla Seconda guerra mondiale sembrano adesso vuote: «Stragi inutili – ha ripetuto il pontefice -, dappertutto c’è la guerra, oggi, c’è l’odio. Cosa rimane di una guerra, di questa, che noi stiamo vivendo adesso? Rovine, migliaia di bambini senza educazione, tanti morti innocenti: tanti! e tanti soldi nelle tasche dei trafficanti di armi.

E mentre i trafficanti di armi fanno il loro lavoro e intascano tanti soldi – ha continuato papa Francesco – ci sono i poveri operatori di pace che soltanto per aiutare una persona, un’altra, un’altra, danno la vita, morendo per aiutare la gente». Uno j’accuse che chiama in causa anche l’Italia: nella costituzione è scritto che la repubblica ripudia la guerra ma basta – però – farla senza dichiararla. «Questo mondo non riconosce la strada della pace – ha rimarcato il papa – Vive per fare la guerra, con il cinismo di dire di non farla. Chiediamo la conversione del cuore. Proprio alla porta di questo Giubileo della Misericordia, che il nostro giubilo, la nostra gioia sia la grazia che il mondo ritrovi la capacità di piangere per i suoi crimini, per quello che fa con le guerre». Il Giubileo si farà nonostante tutto, anche se ieri il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, ha ammesso: «Non si può negare che ci siano dei timori, purtroppo nessuno può escludere a priori di essere sotto l’attenzione di queste brutalità».

Durante la conferenza internazionale del Pontificio consiglio degli operatori sanitari, ieri, Bergoglio si è scagliato anche contro il rifiuto della cultura dell’accoglienza. Ricordando gli «atteggiamenti abituali di Gesù nei confronti di malati, pubblici peccatori, indemoniati, emarginati, poveri, stranieri», ha proseguito: «Curiosamente questi nella nostra attuale cultura dello scarto sono respinti, sono lasciati da parte, non contano. E’ curioso questo, questo vuol dire che la cultura dello scarto non è di Gesù, non è cristiana».

Nel suo discorso dedicato ai venti anni della enciclica di Giovanni Paolo II “Evangelium vitae”, Bergoglio ha ricordato: «Questa vicinanza all’altro, fino a sentirlo come qualcuno che mi appartiene, supera ogni barriera di nazionalità, di estrazione sociale, di religione. Supera anche quella cultura in senso negativo secondo la quale, sia nei paesi ricchi che in quelli poveri, gli esseri umani vengono accettati o rifiutati secondo criteri utilitaristici, in particolare di utilità sociale o economica».

Superare ogni barriera di nazionalità, di estrazione sociale, di religione, conclude il papa: «Vicinanza all’altro, fino a sentirlo come qualcuno che mi appartiene, fino ad amare il nostro nemico». Dal 25 al 30 novembre il Papa sarà in Kenya, Uganda e Repubblica centrafricana «per la pace e la riconciliazione».