Messinese classe 1957, Francesco Calogero ha girato il suo primo lungometraggio di fiction a 30 anni e ora ha appena terminato le riprese del suo sesto film arrivato a 13 anni di distanza da Metronotte (2000). Sei opere in poco più di 25 anni è una media che in genere appartiene a quegli Autori/Maestri che inscrivono la loro poetica anche in gestazioni lunghe e tormentate o a tutti quei registi che sono costretti a prendersi lunghe pause per oggettiva difficoltà produttive, scarsa visibilità, incapacità/impossibilità a fare un cinema di richiamo sia esso d’autore o popolare, artistico o di genere.

Calogero non appartiene a nessuna di queste due categorie perché è il tipico cineasta del quale il cinema (almeno quello italiano) ha ‘bisogno’, perché non se ne sta a girare i pollici nell’attesa che qualcosa accada, dividendosi tra set di fiction e documentari e cortometraggi, produzione e regie teatrali e liriche, didattica e formazione e festival che dirige (attualmente il “Valdarno Cinema Fedic”), trova sempre modo di comunicare e applicare la sua passione e il suo entusiasmo. E ora con Seconda primavera è tornato a girare nella sua Messina nella quale era ambientato anche il suo film d’esordio La gentilezza del tocco (1987) che lo fece conoscere alla critica e in alcuni festival.

Di cosa parla “Seconda primavera”?

E’ un film corale suddiviso in capitoli che seguono l’avvicendarsi delle stagioni. I quattro protagonisti sono abbinati appunto a una stagione:una ventenne primaverile, un trentenne estivo, una quarantenne autunnale, un cinquantenne invernale. Sono quattro storie raccontate da punti di vista diversi che coinvolgono tanti altri personaggi. Si parte dalla primavera per tornare alla primavera anzi alla “seconda primavera” che allude – un po’ profeticamente visto che questo film l’ho pensato alcuni anni fa – alla seconda primavera della stessa città di Messina che grazie alla recentissima svolta politica locale, sta conoscendo una nuova rinascita.

Esordisci anche come produttore. Il film infatti è prodotto dalla tua neonata società Polittico.

Ho deciso di mettere in piedi una mia casa di produzione, sono convinto che in questa fase storica del cinema italiano, i film indipendenti d’autore si possono solo autoprodurre. E per il nome della società mi sono ispirato al polittico di San Gregorio di Antonello da Messina, uno dei nostri fiori all’occhiello artistici. Polittico in greco significa “molte pieghe” e il riferimento al dipinto composto da molti pezzi allude all’incompletezza del produttore indipendente ma l’ho scelto anche per l’assonanza con “politico” nel senso godardiano del fare politicamente cinema. Credo che oggi quando si parla di cinema a low budget si devono ottimizzare i costi gestendo con intelligenza risorse ed energie e puntare di più su una dimensione autoctona. Ad esempio per Seconda primavera ho potuto contare sulla collaborazione della Sicilia Film Commission e di varie istituzioni messinesi, l’Università di Messina con gli studenti del Dams che durante la lavorazione hanno dato un apporto importante in tutti i settori, la Provincia, il Comune, il Museo, il Teatro. E quasi tutti gli attori a parte i più famosi Claudio Botosso e Tiziana Lodato, sono messinesi. Grazie a tutto questo ho potuto girare in quattro settimane a settembre e ora comincia la fase della post-produzione.

La critica ha spesso apprezzato il tuo stile asciutto, classico, sobrio e per “La gentilezza del tocco”, “Nessuno” (1992) e “Cinque giorni di tempesta” (1997) qualcuno ha citato Rohmer e Antonioni.

Non posso che essere lusingato da questi paragoni, Rohmer è un autore che ho sempre amato ed è stato citato già in occasione di uno dei miei primi Super8 La caviglia di Amelia, titolo che richiama il rohmeriano Il ginocchio di Claire. Anche Antonioni è un maestro di riferimento come Bertolucci e Rossellini.

Come vivi la condizione di un cineasta che gira un film di fiction con lunghe pause?

Con serenità. In realtà faccio i film che di solito mi piace andare a vedere. Il problema per un regista è di farsi trovare pronto quando deve girare. Sokurov dice che un regista è come un atleta, deve essere sempre allenato altrimenti si arrugginisce.

Per “Seconda primavera” sei tornato a girare a Messina, la tua città. E’ anch’essa un luogo dell’anima?

Non so se la si può considerare un luogo dell’anima. Diciamo che è una città capace di sprigionare bellezze e suggestioni maggiori di quelle che può immaginare chi la considera semplicemente “la città dello stretto”. Poi per un cineasta è un problema di sguardo, della sua capacità di penetrare in luoghi e atmosfere nascoste che vanno al di là del semplice sfondo. Messina sa essere affascinante e respingente, ha dei luoghi molto suggestivi come il porto, per il mio film mi servivano le atmosfere delle varie stagioni e il giardino principale diventa quasi il quinto protagonista.

A proposito della rinascita messinese, pensi che questa esperienza politica si possa considerare un laboratorio indicativo anche a livello nazionale?

L’attuale sindaco di Messina non è espressione di qualche partito, è stato in prima fila in varie battaglie tra cui quelle per i diritti civili e per il ponte sullo stretto, un personaggio stravagante e anticonformista, amico del Dalai Lama, che dopo molte resistenze si è convinto a candidarsi riuscendo a stare fuori dai giochi dei partiti e rifiutando anche l’appoggio dei 5 Stelle per essere completamento libero di portare avanti il suo programma e sta già concretamente realizzando cose nuove per Messina, una città di 250 mila abitanti con la media di otto emigranti al giorno. E’ un esperimento molto interessante ma non si può considerare un modello, soprattutto perché sul piano nazionale entrano in gioco altre logiche.