Richard Seymour è un saggista politico, attivista e blogger nordirlandese trapiantato a Londra. Ha scritto, tra gli altri, due libri sul fenomeno Corbyn, entrambi pubblicati da Verso: Corbyn: The Strange Rebirth of Radical Politics e Corbyn: Against All Odds, quest’ultimo uscito immediatamente dopo il fallito tentativo da parte dei parlamentari laburisti di destituire il leader. Il suo blog si chiama Lenin’s Tomb.

Come vede questa staffetta nel Labour tra Angela Eagle e Owen Smith in funzione anti-Corbyn?

Dimostra soprattutto mancanza di coordinamento e lotte intestine. Eagle voleva essere da sempre la candidata, ma ha irritato troppi colleghi parlamentari. Inoltre, era troppo compromessa col periodo Blair. Smith si è mosso abilmente. Ha insinuato che l’omosessualità di Eagle non avrebbe funzionato con gli elettori “normali”. Ha cercato di distanziarsi da Blair e ha “proposto” l’idea di un secondo referendum, un’idea fetida ma per molti progressisti allettante. Smith è più spietato e determinato di Eagle, che ha mostrato conflitti di coscienza.

Considera probabile un rischio di scissione nel Labour? 

 

29europa intervista

Il Parliamentary Labour Party  (Plp) ha scommesso tutto sull’idea che attraverso una dimostrazione di forza avrebbe potuto affermare i propri diritti tradizionali a dominare il dibattito, a esercitare diritto di veto sulla leadership, ma ha fallito: adesso sono gli iscritti ad avere il controllo della situazione. Non mi pare che il Plp sia coeso come sembra: non escludo che buona parte dei deputati torni a gravitare attorno a Corbyn una volta rivinte le primarie, nonostante una minoranza d’irriducibili. Al momento non credo ci siano le condizioni necessarie per una scissione. La direzione del sindacato è passata a sinistra, cosa mai vista in tutta la storia del laburismo: la direzione sindacale è stata sempre una forza moderata, la più conservatrice e centrista del partito. O la sinistra reclama per sé il partito laburista, cosa al momento assai meno improbabile che in passato, rendendolo un partito di sinistra socialdemocratica, oppure sarà espulsa: ma una scissione nel futuro è abbastanza probabile.

Mentre il partito perde altro tempo in queste nuove primarie, i tories hanno efficacemente incoronato Theresa May.

Con tutti i suoi difetti, Corbyn non è il caso umano che dipingono. Ha fatto un’opposizione efficace, ha ottenuto discrete vittorie sui sussidi alle famiglie, sa stare all’opposizione. La preoccupazione dei blairiani era che Corbyn e i suoi avrebbero saputo tenere testa efficacemente ai tories in crisi, divisi sul Brexit e orfani della leadership di centro destra. Theresa May è molto competente e abile, difficile da battere, più solida e determinata di Cameron. Ma c’è stato un momento in cui i tories erano vulnerabili e in ritirata: abbiamo visto che hanno abbandonato la politica fiscale e l’austerity, proprio ora che il partito laburista passerà i prossimi tre mesi in questa lotta interna. È uno spettacolo deprimente.

Le masse del nord abbandonate dal Labour sono cadute in bocca all’Ukip. Come può Corbyn riconnettersi con quella base storica dell’elettorato?

L’afflusso del voto working class nel nord è stato molto basso: l’affluenza è stata molto più elevata nel sud e la maggior parte del voto per Brexit proveniva dalla middle class; la geografia del voto mostra una specie di coalizione interclassista. Le zone ricche del sud hanno votato per il Brexit, così come alcune parti disagiate del nord, dov’è diffuso un risentimento nei confronti dell’establishment politico e delle classi dominanti. Si tratta di un modello che si ripropone continuamente nella storia britannica. Secondo un recente studio sul razzismo in Gran Bretagna di Satnam Virdee, l’ideologia razzista si diffonde presso la classe operaia britannica tra gli anni Trenta e i Quaranta dell’Ottocento, proprio quando si registrano una serie di sconfitte: quella del movimento per la democrazia e quella del movimento cartista cui seguì un’ondata di sentimenti anti-irlandesi. Quel razzismo si troverà a crescere per diventare anti black, anti ebraico, anti rom; cala ed è soppresso solo quando c’è un declino egemonico della classe dominante e si crea una leadership socialista e internazionalista nel movimento operaio. La società britannica si è spostata a destra per anni, una tendenza inaugurata sotto il New Labour quando si è cominciata a diffondere la retorica anti immigrazione, sulla sicurezza nazionale e sul terrorismo. Adesso assistiamo a una vera crisi egemonica in cui alcuni fattori possono essere alterati. Corbyn si è rifiutato prendersela con i rifugiati e i migranti. Ha espresso una corretta posizione critica per il remain, cercando di rivolgersi ai membri più euroscettici della sinistra. In quelle circostanze era la cosa migliore che potesse fare. È vero che l’Ukip ha avuto ottimi risultati al nord, eppure in molti collegi sono arrivati secondi dietro il Labour, consolidando il voto di destra, prendendo i voti dei tories, degli english democrats (piccolo partito nazionalista di estrema destra, ndr), del British National Party e sono diventati l’opposizione ufficiale in quelle zone. Perché l’Ukip prenda il controllo di quelle zone dovrebbe crollare il voto laburista sulla scia della demoralizzazione degli ultimi decenni sotto il New Labour; la cosa peggiore che potrebbe succedere ora è l’avvento di un’altra leadership laburista di centro, scollegata dagli elettori working class: non sarebbe altro che un favore all’Ukip.

Come può Corbyn colmare il gap fra una narrativa dominante fatta d’incompetenza, mancanza di leadership, accuse di bullismo e antisemitismo e la rete sociale di mobilitazione che l’ha portato alla leadership?

Farage è stato capace di entrare nei media di regime presentandosi come l’ambasciatore del bigottismo provinciale con tutti i suoi “valori” – come l’omofobia e il sessismo che tanto fanno inorridire i liberal – e ha saputo interpretarli con un linguaggio che li ha resi rispettabili al mainstream. Se Corbyn avesse quel talento, potrebbe andare negli studi televisivi e nei telegiornali e comunicare la frustrazione, la rabbia, l’impotenza degli elettori abbandonati dal Labour di sinistra per esprimere i loro ideali in un linguaggio efficace.