Gino Frezza, Figure dell’immaginario. Mutazioni del cinema dall’analogico al digitale, Napoli, Areablu, pp.296, euro 20,00.

Oltre ai divi italiani in carne e ossa e alle maggiorate più carne che ossa di una lontana stagione, sono a tutti gli effetti figure dell’immaginario anche Bugs Bunny e Duffy Ducs, guizzanti di vivacità, e risalendo all’indietro gli scatenati Little Nemo e Felix The Cat che inaugurano i rapporti tra cinema e fumetto, quell’immagine innocente delle origini americane a cui era intitolato parecchio tempo fa uno dei primi saggi dell’autore, fedele al sistema dei media, alle sue interferenze, alle sue strategie. Senza trascurare Indiana Jones e Mario Merola, Eduardo e Peppino, ma anche Sigmund Freud, Bertolt Brecht, Luis Bunuel, Claude Chabrol, Max Ophuls e una notevole fenomenologia dello schiaffo al cinema. Da applauso.

Michelangelo Capua, Kim Novak. La bionda che visse due volte, Napoli, Eracle, pp. 240, euro 18,00.

Nei suoi movimenti lenti e sinuosi, sul set di La donna che visse due volte, trova la sua grande occasione nel doppio ruolo di Madeleine e di Judy. Se durante il pedinamento Jimmy Stewart s’innamora dell’eterea bionda platino, sottraendola all’esuberante procacità dell’attrice, nella successiva ricostruzione del modello originario il processo si capovolge. Quando decide di plasmare la commessa rosso-bruna fino alla riapparizione dell’ombra in tailleur e chignon, la materializzazione del fantasma cita la strategia pigmalionica del cinema che, di provino in provino, dà vita all’immagine fuori dal tempo della star. Nella New York coperta di neve di Una strega in paradiso s’incontra di nuovo con Jimmy , ma si accorge a proprie spese che gli incantesimi non assicurano la felicità. Forse, tra mosse feline e morbidi sguardi, l’ incarnazione più clamorosa e struggente. La sua carriera si chiuderà in bellezza con il corrosivo Baciami, stupido, dove Polly la bomba, la prostituta con il diamante nell’ombelico, prende in giro le ambiguità del matrimonio e le tentazioni del successo.

Fulvio Fulvi, Il vero volto di Don Camillo. Vita & storie di Fernandel, Milano, Ares, pp. 190, euro 15,00.

Cha stagione quella del ’51-’52, pensate, in testa al hit parade c’è Don Camillo, il maggior incasso in assoluto con un miliardo e mezzo, poi con una distanza di cinquecento milioni Anna, e di seguito I figli di nessuno, Totò a colori, Core ‘ngrato, Guardie e ladri, Sensualità. Al sessantottesimo posto Bellissima e all’ottantacinquesimo Umberto D. “Quale inatteso meccanismo di massa era scattato?”, si chiede Vittorio Spinazzola in un vecchio libro del 1974 ancora fondamentale. “Semplicemente era accaduto che in uno dei paesi più politicizzati del mondo il pubblico si trovasse di fronte a un film che parlava di politica, e ne parlava in termini di attualità, chiamando direttamente in causa i grandi protagonisti della vita collettiva, cattolici e comunisti”. La piacevole biografia del bravissimo Fernandel non si pone questi problemi e trascura tutti quelli che, favorevoli o contrari, si sono occupati seriamente della saga della Bassa parmense-reggiana tra libri e film, nei suoi limiti una delle poche rappresentazioni dell’Italia contadina destinata a scomparire. Nella filmografia manca l’inesistente Don Camillo, Peppone e Cosa Nostra, omissione ingiustificata oggi che il Comune di Brescello è stato commissariato per infiltrazioni mafiose.