La coscienza di classe proletaria, che è la più illuminata, trasforma in maniera decisiva – diciamolo per inciso – la struttura della massa proletaria. Il proletariato fornito di coscienza di classe costituisce una massa compatta solo se visto dall’esterno, nell’immagine che ne hanno i suoi oppressori. Nel momento in cui esso intraprende la propria lotta di liberazione, in realtà la sua massa apparentemente compatta si è già sciolta. Smette di essere in balìa delle mere reazioni; passa all’azione. Lo scioglimento della massa proletaria è opera della solidarietà. Nella solidarietà della lotta di classe proletaria è abolita l’inerte contrapposizione a-dialettica fra individuo e massa; per i compagni, essa non esiste. Perciò, per quanto la massa sia decisiva per il capo rivoluzionario, la sua opera maggiore non è quella di trascinare le masse verso di sé, ma di farsi continuamente includere nelle masse, in modo da essere continuamente per esse uno fra le centinaia di migliaia. La lotta di classe scioglie la massa compatta dei proletari; per contro, proprio questa stessa lotta di classe comprime la massa dei piccoli borghesi.

La massa impenetrabile e compatta che Le Bon e altri hanno fatto oggetto della loro «psicologia delle masse» è quella piccolo borghese. La piccola borghesia non è una classe; essa è, di fatto, soltanto massa, ed esattamente tanto più compatta quanto maggiore è la pressione a cui essa è esposta tra le due classi antagonistiche della borghesia e del proletariato. In questa massa, in effetti, è determinante il momento emozionale di cui si parla nella psicologia delle masse. Proprio per questo, però, la massa compatta costituisce l’opposto rispetto ai quadri del proletariato che obbediscono a una ratio collettiva. In questa massa, in effetti, è determinante quel momento reattivo di cui si parla nella psicologia delle masse. Ma proprio tramite quest’ultimo la massa compatta, con le sue reazioni immediate, costituisce l’opposto rispetto ai quadri del proletariato, con le loro azioni, che sono sempre frutto di un compito, per momentaneo che esso sia.

Così le manifestazioni della massa compatta comportano sempre, senza eccezioni, un elemento panico, sia che esse si esprimano nell’entusiasmo bellico, nell’odio contro gli ebrei o nell’istinto di autoconservazione. – Una volta chiarita la differenza tra la massa compatta (quella piccolo-borghese) e la massa dotata di coscienza di classe (quella proletaria), diventa palese anche il suo significato operativo. Per dirla in parole chiare: mai questa distinzione appare più giustificata che nei casi tutt’altro che rari in cui ciò che originariamente era un atto violento di trasgressione di una massa compatta è diventato, in seguito a una situazione rivoluzionaria, forse già nell’arco di pochi secondi, l’azione rivoluzionaria di una classe.

Il tratto peculiare di simili processi veramente storici è dato dal fatto che la reazione di una massa compatta provoca in se stessa uno shock che la scioglie e le permette di rendersi conto di essere un’unione di quadri dotati di coscienza di classe. Ciò che un tale processo concreto contiene in un arco di tempo strettissimo è una cosa ben diversa da ciò che nel linguaggio dei tattici comunisti si chiama «la conquista della piccola borghesia». Questi tattici sono interessati al chiarimento di un simile evento anche in un altro senso. Un’ambigua concezione della massa, un rinvio non vincolante al suo stato d’animo quale viene continuamente riproposto dalla stampa rivoluzionaria tedesca, ha indubbiamente alimentato illusioni che sono divenute fatali per il proletariato tedesco. Il fascismo, invece, è riuscito a sfruttare in modo eccellente queste leggi, indipendentemente dal fatto che le abbia comprese o meno. Esso sa che quanto più sono compatte le masse che esso raduna, tanto maggiori saranno le possibilità che gli istinti controrivoluzionari della piccola borghesia determinino le reazioni di tali masse. Da parte sua, però, il proletariato prepara una società in cui non esisteranno più, per la formazione delle masse, né le condizioni oggettive né quelle soggettive.

Traduzione di Giulio Schiavoni