Di padre in figlio. Anche il profumiere è un mestiere di famiglia. Ben lo sa Luca Maffei, attualmente il giovane «naso» italiano più quotato, finalista e vincitore di alcuni tra i più importanti premi internazionali del settore. Per due volte consecutive, nel 2015 e nel 2016, ha ricevuto il primo premio dei prestigiosi Art and Olfaction Awards a Los Angeles. Oltre a vantare numerose collaborazioni in giro per il mondo, è fondatore e riferimento olfattivo della casa profumiera Atelier Fragranze Milano insieme con Marco, suo padre, e a Maurizio Cerizza. Un vero e proprio family affair che affonda nell’esperienza paterna come amministratore delegato di alcune tra le più grandi multinazionali del settore.

LucaMaffei
Luca Maffei

«Non mi sarei mai aspettato di diventare un vero naso. Il bello delle cose è che spesso capitano. Sono sempre stato fortemente affascinato dall’universo del profumo. Da quella gestualità così particolare, dallo spruzzare l’essenza sulle mouillettes e intorno a sé. Rimango tutt’ora rapito da questo linguaggio a parte, fatto di formule e pesi e misure, ma anche di evocazioni e immagini. Tutto è sensazione, ricordo, suggestione», dice Maffei. «Grazie a mio padre, ho vissuto il glamour della profumeria degli anni ’90 in Italia, con le maison di moda che lanciavano i loro primi profumi e i famosi creatori internazionali che giungevano a Milano. Versace, Trussardi, Krizia sono stati i marchi che hanno fatto grande la profumeria italiana».

ODORI IN MOSTRA
Esattamente come è accaduto inesorabilmente con il gusto, è l’olfatto la tendenza del momento, la direzione sensoriale che si sta evolvendo maggiormente. Piccoli e inequivocabili segnali ci portano alla comprensione del fenomeno. Un’attenzione sempre più precisa e puntuale alla questione sia dal versante business, con offerte di varia qualità e prezzo, sia da quello culturale. Sempre di più sono, per fare un esempio, le mostre d’arte caratterizzate da un accompagnamento odoroso creato ad hoc.

A prenderne atto ci pensa «L’Essenziale», terza rassegna ideata dal giornalista Luca Ferrua, dedicata per intero alle sfaccettature del mondo olfattivo, in programma fino al 3 dicembre al Circolo dei Lettori di Torino con dislocazioni in tutta la città. Il tema scelto per questo anno è la purezza. Incontri, workshop, presentazioni di libri, cene profumate, cocktail con bartender di fama internazionale che da tempo lavorano sulla commistione tra alcool ed essenze (il programma  su www.circololettori.it). Gli appuntamenti che vedono protagonista Luca Maffei sono due e sono entrambi in programma per oggi. «Fare cultura, nel mondo dei profumi, è fondamentale – spiega -. Raccontare cosa facciamo realmente, per cavalcare giustamente la fascinazione del momento ma riducendo a zero l’improvvisazione».

Diventare profumieri è piuttosto difficile. Prima di tutto, ci vuole la predisposizione. «Non si può prescindere dalla capacità reale di sentire. Quella, o ce l’hai o non ce l’hai. Poi, esiste un percorso classico, che prevede una laurea scientifica e, in seguito, scuole specifiche, nate per lo più negli anni ’70, quando la richiesta di profumazioni aveva iniziato a subire un’impennata. La più famosa ed esclusiva è l’Isipca di Versailles. Altro step fondamentale è trovare un mentore che ti indirizzi secondo la declinazione della profumeria che più ti si addice».

Luca Maffei è un uomo fortunato, che si è trovato con il talento giusto nel posto e nel momento giusto. Pur senza aver intrapreso alcun percorso tradizionale. Laureato in economia e commercio, dopo aver capito che il naso era il suo spirito guida, è stato uno degli ultimi allievi di Françoise Marin, direttrice della famosa scuola di formazione Givaudan a Grasse. Molta esperienza in giro per poi terminare l’apprendistato proprio con l’attuale socio Cerizza, storico profumiere italiano. «La bellezza insita in questo mestiere è che non si finisce mai di imparare. Gli stimoli sono veramente infiniti. Le materie prime a disposizione per creare arrivano a essere anche cinquemila. Utilizzarle tutte o anche solo conoscerle tutte è impossibile. Quindi ci si concentra su quelle trecento o trecentocinquanta che piacciono e con cui ci si sente più sicuri. Per arrivare a realizzare un proprio profumo si impiegano anni».

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Dalla prima rosa su cui sperimentò all’amato Cuoio Nobile realizzato per il brand Pineider, non è passato molto tempo ma gli effetti sono dilatati. Suo sarà il profumo di Alitalia (dalla fragranza d’ambiente alle amenity di bordo). Una proprietà araba non poteva che spingersi in quella direzione: «La profumazione, per la loro cultura, è una questione prioritaria. Odorosi sono tutti i luoghi, dagli alberghi alle moschee. La creazione di un logo olfattivo è la modalità più diretta affinché si apra un link nella memoria che renda un’esperienza unica. Che il naso fosse italiano era una priorità assoluta».
Creare un profumo d’ambiente è molto diverso rispetto all’essenza per un uso personale. «Devi essere democratico. Perché tutti respireranno quell’aria e la sua principale caratteristica è che deve essere buona. Io ho puntato sull’Italia, sulle essenze agrumate, i fiori d’arancio, il gelsomino. Tutte note calde e solari. Ho voluto insistere sulle sensazioni che gli stranieri si portano a casa dopo essere stati a Capri, a Sorrento, in Sicilia… Nessuno ha quello che abbiamo noi, neppure dal punto di vista olfattivo».

Niente Oud, quindi. L’amatissimo incenso arabo, ormai base di moltissime profumazioni «è una materia prima pazzesca che dona una profondità e un’ampiezza incredibile alle fragranze. Ciò che mi piace davvero è il concetto che un odore lontano sia entrato a far parte della nostra cultura. Il profumo ha una capacità d’interazione molto potente».

RITORNO ALLA COLONIA
Il 2017 sarà un anno in cui raccogliere grandi soddisfazioni. Oltre al progetto Alitalia, ci saranno anche i cinquant’anni di Cosmoprof, la più grande fiera del beauty nostrana esportata anche in Asia e in Nord e Sud America. Per l’occasione, Accademia del Profumo, l’associazione di categoria che riunisce i grandi player del settore, ha deciso di realizzare una fragranza dal titolo, manco a dirlo, 50. Nonostante un carnet di professionisti di grande calibro, Maffei è l’eletto. «È una possibilità meravigliosa, un lavoro di squadra. Tutte le case hanno a messo a disposizione le loro eccellenze di produzione e il loro expertise». 50 sarà una colonia, per rendere merito alla storia italiana del profumo, con Jean Marie Farina che partì dalla Val di Gezzo per arrivare a Roger Gallet… «Ci saranno materie sublimi come il bergamotto di Calabria lavorato come si faceva anticamente e l’iris fiorentino. Sarà una vera perfume factory».

Cambiamento è la parola chiave che più si addice a questo mondo. «Il consumatore si è evoluto. Sebbene il profumo resti ancora ad occupare il gradino più basso per la via che conduce al lusso, è altrettanto vero che i grandi marchi abbiano perso, negli ultimi anni, la rotta. Questo ha fatto sì che la fantasia degli utenti si sia indirizzata verso la profumeria artistica». Non più solo brand. «Anche la profumeria di nicchia, però, che è di volta in volta acquistata dai grandi, è più commerciale». Tutto è ciclico: «L’asticella dovrà alzarsi ancora. Potremo sperimentare con maggiore arditezza, cercando di realizzare fragranze originali e odori mai sentiti prima. Questa, in fondo, è l’eterna ambizione di un naso».