Stato di emergenza per tre mesi: è l’annuncio fatto ieri sera dal presidente turco Erdogan a seguito della riunione del Consiglio di Sicurezza. Alla luce delle epurazioni in corso, il timore che una simile azione faccia definitivamente collassare lo Stato di diritto è forte. Lo è anche se Erdogan minimazza dicendo che ciò non si tradurrà in una limitazione delle libertà civili. Eppure nello stesso annuncio, da capo delle forze armate, ha promesso ulteriori purghe contro l’esercito.

Poco prima, nel pomeriggio, parlava il sindaco di Istanbul: sarà costruita la «Tomba dei traditori – ha annunciato ieri – Sarà creato uno vasto spazio apposito per seppellire i golpisti. I loro cadaveri non saranno accettati nei nostri cimiteri», ha dichiarato Kadir Topbas.

Per la quarta notte di seguito sono proseguite le manifestazioni dei sostenitori del presidente Erdogan nelle maggiori città della Turchia, in particolare ad Ankara, Istanbul e Izmir. A Istanbul, in piazza Taksim, nel cuore europeo e laico della megalopoli turca, è stato allestito un palco e un grande striscione copriva la facciata dell’edificio del Centro culturale Atatürk: «Fetö, figlio di satana, impiccheremo te e i tuoi cani». Fetö è l’acronimo di Organizzazione Terroristica dei seguaci di Fethullah, termine che Erdogan ha coniato per bollare la comunità di Gülen.

Si sta consumando un’immane tragedia in Turchia per tutti gli oppositori di Erdogan: è salito a circa 60mila il numero di coloro che sono sotto inchiesta perché ritenuti responsabili del fallito golpe di venerdì 15 luglio. Il vice capo della polizia, Mutlu Ç., del quartiere Güdül di Ankara, si è suicidato dopo aver appreso di essere stato sospeso. Lo stesso gesto ha compiuto il sottoprefetto della provincia di Manisa, mentre tre generali della Marina sono fuggiti dalla base navale di Izmit, la più grande del paese. Il presidente turco Erdogan sta in queste ore regolando i conti con il suo acerrimo nemico e ex alleato Gülen dal 2007 al 2011 e con tutti i suoi critici e oppositori.

I 1.577 rettori di tutte le università del paese pubbliche e private sono stati costretti dal Consiglio superiore dell’Istruzione (Yök) a rassegnare le dimissioni e saranno presto sostituiti da accademici vicini al partito di governo. Altro provvedimento adottato è la sospensione fino a nuovo avviso delle assegnazioni presso università estere degli accademici turchi. Inoltre è disposto il rientro di tutti gli accademici che insegnano all’estero, qualora non vi fosse un grave stato di necessità che ne giustificasse la permanenza fuori dalla Turchia.

Lo Yök ha anche chiesto ai rettori di tutte le università di informare le autorità competenti circa la presenza tra il personale accademico e amministrativo di esponenti della comunità di Gülen. Nel frattempo il Ministero dell’Istruzione dell’Azerbaigian ha annunciato di aver chiuso a Baku l’Università di Qafqaz, il primo istituto accademico fondato da Gülen all’estero, 1993.

Il cerchio si stringe, e colpisce la stampa. Il vice primo ministro Numan Kurtulmus aveva ieri annunciato che erano stati aperti 9.322 provvedimenti giudiziari a carico di giornalisti. Un reporter russo, della televisione Ren Tv è stato arrestato ieri mattina e successivamente rimpatriato in Russia. Il giornalista era arrivato all’aeroporto Atatürk per seguire gli sviluppi del tentato golpe in Turchia. La polizia ha bloccato la distribuzione del settimanale satirico LeMan che riportava in copertina una vignetta sul tentato golpe. La polizia è intervenuta poco dopo che la rivista satirica era stata stampata.

Ad essere colpiti dalla scure di Erdogan sono soprattutto le persone sospettate di avere legami con il movimento Hizmet, nei settori in cui è più forte e cioè nella sfera militare, nella magistratura e nel sistema dell’istruzione.

Il golpe era stato pensato e pianificato da tempo. La decisione di compierlo quel giorno, il 15 luglio, era maturata perché stava per essere anticipata la riunione del Consiglio supremo militare, che generalmente si riunisce il primo di agosto e che aveva all’ordine del giorno la decisione di allontanare gli ufficiali vicini al movimento di Gülen. E quindi si è deciso di realizzare il piano in quella data. Erano già pronte dunque le liste di coloro che dovevano essere rimossi dalle massime istituzioni statali e c’era all’interno dell’esercito una grande tensione tra i gülenisti.

Per Ankara, è Gülen l’ispiratore del golpe. È stato accusato di essere a capo di una presunta organizzazione terroristica, costituente un vero e proprio «Stato parallelo». Un’organizzazione che avrebbe finalità eversive costituita da un gruppo di burocrati e militari infiltratisi all’interno dell’apparato statale, giudiziario e dell’esercito. Il golpe dunque sarebbe maturato all’interno di alcune gerarchie militari che si sentivano minacciate dalla operazione di pulizia già in atto all’interno delle forze armate da parte del partito di governo.

Il presidente turco continua a fare appelli alla piazza, affinché manifesti contro i golpisti. Anche ieri sera si sono tenute manifestazioni in tutte le principali città del paese. Ad Istanbul si è anche tenuta la manifestazione degli accademici che hanno avuto parole di condanna per il golpe, in difesa delle istituzioni repubblicane. Ad Ankara vi ha partecipato il presidente Erdogan che ha annunciato durante il comizio le importanti misure deliberate a seguito del fallito golpe dal governo nella riunione di gabinetto appena conclusasi.

Tra le misure previste vi sarebbe quella dell’istituzione di un tribunale speciale per processare i golpisti e la costruzione di un carcere speciale per i membri della giunta che hanno posto in essere il tentativo fallito di colpo di stato. La priorità per il governo turco è di ripulire tutto l’apparato statale dai membri e simpatizzanti del movimento Gülen ed Erdogan ne vuole approfittare per schiacciare ogni sacca di opposizione nel paese al suo progetto di uomo solo al comando.