A Baghdad l’operazione militare turca contro le aree settentrionali dell’Iraq non piace affatto, a Erbil diventa accettabile. L’attacco lanciato da Ankara al Pkk potrebbe rompere definitivamente i già fragili rapporti tra il governo regionale autonomo del Kurdistan iracheno (Krg) e il governo centrale. Sul piatto non c’è certamente solo l’aggressione turca al Partito Kurdo dei Lavoratori. C’è di più: il greggio conteso e la rete di alleanze regionali.

Pochi giorni fa il premier iracheno al-Abadi aveva tuonato contro i raid turchi sulla montagna di Qandil: «Una violazione grave della sovranità dell’Iraq», l’aveva definita. Completamente assenti le reazioni internazionali: mentre l’Onu dava la benedizione all’operazione turca, gli Stati uniti restavano in silenzio fingendo di concentrarsi sulla Siria e la Nato chiariva di non voler intervenire ma anche di comprendere le ragioni dietro l’azione. La stessa Nato, che con una mano dava una pacca sulla spalla a Erdogan impegnato a spezzare le reni del fronte kurdo anti-Isis, con l’altra si accordava per un pacchetto di aiuti militari a Baghdad, ovviamente sempre nell’ambito della lotta contro l’Isis: addestramento, cyber-difesa, riforma del settore della sicurezza.

E mentre al-Abadi batteva i pugni sul tavolo, il presidente del Krg Barzani cambiava la musica finora suonata: se fino a venerdì chiedeva ad Ankara di interrompere l’operazione militare contro il Pkk, ieri ha domandato il ritiro dei combattenti kurdi dal nord dell’Iraq. Erbil ha qualcosa di prezioso da salvaguare: i rapporti economici con la Turchia, molto più forti e radicati di quelli tra Ankara e Baghdad, divisi dal convitato di pietra Iran.

A differenza dei kurdi turchi e siriani, lontani ideologicamente sia dai peshmerga che dalla Turchia, il Krg gode da anni di ottime relazioni con Ankara, rapporti rafforzatisi nell’ultimo anno quando – approfittando della crisi di Baghdad – Barzani ha prima strappato al governo centrale Kirkuk (la zona più ricca di petrolio del paese) e poi ha reso effettivo lo sfruttamento autonomo del greggio locale, che vende tramite il gasdotto turco.

La Turchia è uno dei principali partner commerciali e investitori nel Krg: ha finanziato la costruzione di infrastrutture, aeroporti, giacimenti petroliferi, centri commerciali e ha stretto accordi per la vendita diretta di petrolio attraverso il proprio territorio (fino a due milioni di barili al giorno). Nel 2013 erano oltre 1.500 le compagnie private turche attive nel Kurdistan iracheno in svariati settori, dall’agricoltura alle costruzioni, dalle banche alle telecomunicazioni. Relazioni che già prima dell’avanzata dello Stato Islamico valevano otto miliardi di dollari l’anno, ufficializzate nel 2013 con la firma dell’accordo per l’esportazione del greggio kurdo, aspramente criticato dal governo centrale di Baghdad che quel greggio vuole controllare.

Dietro non stanno solo interessi economici, ma anche politici: Erbil non nasconde di volersi porre sotto l’ala turca anche in chiave anti-Iran, a cui Baghdad al contrario è sempre più legato.

Siria, Aleppo nella morsa

Il pericolo però è in agguato e non arriva dall’asse sciita: sia in Siria che in Iraq il fronte kurdo è quello che più di altri ha saputo frenare l’avanzata dell’Isis. Il durissimo colpo inferto da Ankara non aiuterà certo la coalizione anti-islamista, alle prese con le rinnovate minacce di al Qaeda, oltre che del califfo. Dopo aver rapito 18 ribelli del gruppo “Division 30” dell’Esercito Libero, appena tornati dalla Turchia dove erano stati addestrati e armati dagli Stati uniti, il Fronte al-Nusra ha costretto il resto dell’unità a lasciare le zone intorno Aleppo dove era operativa.

Sempre Aleppo ieri è stata teatro di duri scontri tra l’esercito del presidente Assad e i miliziani dell’Esercito della Conquista, Jaish al-Fatah: le truppe governative hanno impedito che il gruppo si infiltrasse nella provincia di Latakia, roccaforte alawita. Nei giorni scorsi diversi gruppi di opposizione, tra cui al-Nusra, avevano lanciato un’ampia offensiva contro la zona, occupando 17 colline e un impianto elettrico. A nord di Aleppo Damasco ha bloccato un attacco contro una base militare.