Potrebbe servire da monito ai numerosi autori di femminicidio, per mostrare di cosa sono capaci le donne assassine, se provocate. I più famosi casi del nostro paese sono raccontati in Le scandalose, documentario di Gianfranco Giagni scritto da Silvana Mazzocchi e Patrizia Pistagnesi programmato alla Festa di Roma. Prodotto e distribuito dall’Istituto Luce mostra un panorama di dark Lady, di donne criminali italiane che hanno acceso la cronaca nera dagli anni del fascismo agli anni Settanta e che in alcuni casi hanno agito non in preda a raptus o alla follia, ma prima di essere sopraffatte a loro volta. Costruito con una decisa personalità Le scandalose utilizza nel montaggio mezzi di comunicazione diversi tra cui i filmati d’epoca spiccano come un ingrediente prezioso.

scandalosecaterina Fort

Un flusso ininterrotto e vivace che comprende girati di Comencini, Zurlini, Maselli, Emmer, le cronache dei quotidiani che portavano firme famose quando nel dopoguerra la nera diventò novità appassionante (Vitaliano Brancati, Germano Lombardi, Tommaso Besozzi, Oreste Del Buono, Camilla Cederna…), il corridoio del manicomio giudiziario che evoca i terrori di Shock Corridor, i volti delle protagoniste a volte ben più intensi delle attrici contemporanee, i tuguri del povero dopoguerra, le sfilate di moda della società del benessere. È così che certe famose vicende ed altre meno note sono rilette in un contesto più allargato, prodotto da essere consumato avidamente dalla cultura di massa, un modo di rileggere un secolo di storia servendosi dei generi.

«La donna, mancando spesso di inibizione, trasforma il minimo contrasto in odio. E l’odio in delitto»: è l’incipit di Lombroso ad introdurre il famoso caso della «saponificatrice» di Correggio Leonarda Cianciulli, una vera esperta in cucina e in operazioni stregonesche («mi sono morti dieci figlioli per questo ho studiato la magia») e no uscirà più dal manicomio di Aversa. Si inizia dagli anni in cui durante il fascismo la cronaca nera era censurata, quando la società doveva apparire perfetta ed armoniosa. Nel dopoguerra la nera diventa un vero e proprio campo di battaglia.

18vislescandalose

A Caterina Fort che gli faceva da cameriera e altro, lui non aveva detto di essere sposato e quando dal sud arriva in città la moglie con i figli lei usa la spranga di ferro e poi va a casa a mangiare due uova fritte coi grissini. E qual è l’oggetto del contendere? un magliaro, si direbbe il sosia di Tiberio Murgia. L’eco del dopoguerra si fa sentire anche nella storia delle sorelle Cataldi sfollate da Colleferro che nel 45 con un coltello da cucina trucidano una donna (e il figlioletto) che prestava loro del denaro, fuggono con la sua pelliccia di volpe sperando di rivenderla e sono subito catturate (e durante il processo temono il linciaggio da parte delle altre donne). Estrae invece la pistola dalla pelliccia di ermellino la contessa Pia Bellentani che fredda il suo amante che la respinge in pieno ricevimento (ed esce poi in breshwantz dal manicomio di Aversa dove aveva avuto il permesso di portare con sé il pianoforte a coda).

Ma per tutti la Bellentani è vista come una vendicatrice, come anche Pupetta Maresca che uccide il mandante dell’omicidio del marito dal finestrino della macchina e poi va a ricoprire di fiori la tomba del marito (della sua storia si faranno due serie tv, con Alessandra Mussolini e Manuela Arcuri), lei stessa accetterà di fare il cinema, una volta uscita dal carcere. E con la trasformazione della società negli anni ’70 dopo le killer passionali ecco Luigina Pasiro che si fa ventidue anni di carcere, «ma il carcere l’ho già fatto, dice, con un marito violento e traditore». E quando (il ’75) Doretta Graneris stermina madre padre nonni e fratello per racimolare i loro soldi, Pietro Maso avrà già dato l’esempio.