ngelo Mastrandrea
Il governo Tsipras 2.0 era atteso ieri a un decisivo “crash test” che ne avrebbe determinato la possibilità di durare oltre l’autunno. Invece la sorpresa è arrivata prima del voto sul secondo pacchetto di riforme: si va dritti verso una Syriza 2.0 e verso il voto anticipato, già a settembre. Il premier, sulla graticola da giorni, ha giocato d’anticipo come gli capita spesso, ribaltando il tavolo da gioco alla velocità che abbiamo imparato a conoscere e dando appuntamento a settembre per lo show down finale sul suo governo e all’interno del partito di cui è tuttora presidente.
Criticato per la scelta di aver firmato un accordo-resa senza prendere in considerazione il piano B della Grexit (nella versione Varoufakis del default nell’Eurozona o in quella più radicale della Piattaforma di sinistra, con progressivo ritorno alla dracma), nel mirino per non aver voluto incontrare il Comitato centrale del partito, accusato dalla sinistra interna di voler traghettare il governo e Syriza su posizioni moderate, messo in discussione per aver accettato i voti dell’opposizione che ora lo ricatterebbe sulle iniziative da prendere, Tsipras ha lanciato il suo guanto di sfida. «Non nascondetevi dietro la mia firma sotto l’accordo», ha detto, annunciando un congresso «per chiarire gli obiettivi e la strategia del partito, e le caratteristiche del governo di sinistra nelle nuove circostanze», non prima però di aver portato la barchetta greca lontano dai marosi. L’obiettivo, ora, è ottenere nel negoziato di agosto «il miglior risultato possibile», poi il premier proverà a sfruttare il successo per fare il pieno nelle urne.
A puntualizzare è stata in seguito la nuova portavoce del governo Olga Gerovasili: «Syriza siamo tutti noi, questa è la verità», ha mandato a dire al leader della Piattaforma di sinistra Panagiotis Lafazanis che aveva rivendicato una sorta di primazia ideologica. Una battuta alla quale l’ex ministro dell’Energia ha risposto ribadendo le sue posizioni: «La Grecia non ha futuro nell’Eurozona, ma come paese progressista e orgoglioso che, nonostante le difficoltà, combatte contro l’austerità». Gerovasili è stata molto chiara sulle possibilità di un «divorzio» tra le due anime di Syriza: «Ci sono strategie diverse, differenti punti di vista. Sarà difficile restare insieme, forse impossibile. Non è possibile andare avanti così».
Lo scenario che si apre è dunque il seguente: voto in nottata sul nuovo codice di procedura civile e sulla direttiva bancaria (probabilmente con qualche defezione in meno nella maggioranza rispetto alla scorsa settimana), avvio dei negoziati per l’accesso al Fondo salva-stati (da chiudere entro il 20 agosto) con fine dell’emergenza finanziaria, congresso di Syriza ed elezioni anticipate, il 13 o il 20 settembre. Con l’obiettivo, spiega la portavoce del governo, di un «nuovo inizio» per la sinistra radicale greca.
In questo quadro, il voto di ieri è passato un po’ in sordina, anche perché la discussione è cominciata solo alle 20, dopo che le 900 pagine da sottoporre al voto dei deputati (quanti avranno avuto il tempo di leggerle con attenzione?) erano passate al vaglio delle commissioni parlamentari. Non fosse stato per i dolori di Syriza, la discussione sarebbe andata più liscia rispetto a quella per il primo pacchetto di riforme. Cancellato l’aumento di tasse per gli agricoltori a causa dell’opposizione di Nea Democratia e degli alleati dell’Anel (ieri il ministro della Difesa Panos Kammenos ha incontrato Tsipras e, uscendo, ha detto ai giornalisti che i contadini non sarebbero stati toccati) e rinviata la legge sulle pensioni, sono andate al voto le meno controverse riforme bancaria e della giustizia civile. Nel primo caso, si trattava di ratificare la direttiva europea sulle banche già approvata dagli altri parlamenti continentali (Italia inclusa), che prevede la garanzia dei conti correnti bancari fino a 100 mila euro ma con eventuali perdite scaricate sugli azionisti e non sullo Stato. Nel secondo, invece, la finalità è quella di snellire i processi civili, con l’eliminazione dei testimoni, tra le altre cose, e la velocizzazione della confisca dei beni.
C’era solo un punto dolente: la possibilità da parte delle banche di requisire le case pignorate e metterle all’asta. Per questo ieri mattina Alexis Tsipras ha convocato il vertice dell’associazione dei banchieri chiedendo loro di non applicare questa norma almeno fino alla fine dell’anno, per dare al governo il tempo di poter intervenire sospendendo il provvedimento. È un esempio di quello che il premier intendeva dire quando annunciava battaglia e misure compensative per smussare gli angoli più spigolosi dell’accordo: c’è una riforma imposta, praticamente dettata dalla troika senza il tempo di metterci su le mani, che prevede tra le altre cose la vendita delle abitazioni dei morosi, e l’unico modo per intervenire è aggirarla non applicandola nei fatti. Il problema, semmai, sorgerà se il governo dovesse cambiare e il nuovo non dovesse deciderne la sospensione.
Dopo il “crash test” notturno depotenziato, le prossime misure dovrebbero riguardare la lotta alla corruzione e il pagamento delle frequenze televisive (un punto centrale del programma di Salonicco con il quale Syriza ha vinto le elezioni), mirato a eliminare il monopolio e i privilegi dei boss delle tv private.
Per questa mattina invece il premier ha convocato al Megaro Maximou, il palazzo del governo, la presidente del Parlamento Zoe Konstantopoulou, che anche ieri ha chiesto di votare no alle riforme. È possibile che, venuto a mancare il rapporto fiduciario con il governo, le chiederà di farsi da parte, cosa che getterebbe benzina sul fuoco delle polemiche interne a Syriza in quanto Kostantopoulou, ex avvocato per i diritti civili, è uno dei personaggi più popolari dell’opposizione da sinistra a Tsipras.