Obama dice addio all’Europa da Berlino, dopo una tappa ad Atene. Una scelta simbolica: in un momento in cui molti disordini stanno facendo irruzione nella gestione del mondo, Obama sembra voler trovare un erede nel «potere riflessivo» della Germania (la definizione è del ministro Franz-Walter Steimeier, prossimo presidente tedesco). Angela Merkel ha invitato stamattina a Berlino Matteo Renzi, François Hollande, Theresa May e Mariano Rajoy, per una «riunione informale» di due ore per «uno scambio di vedute sui principali dossier internazionali di interesse comune». La riunione di oggi, decisa prima della sorpresa Trump, sarà più una commemorazione che una transizione, l’attualità verrà sfiorata.

La Ue discuterà solo al vertice di metà dicembre sulle future relazioni con Trump. Ieri, Merkel e Obama hanno espresso grande preoccupazione, in particolare su due fronti: il presidente Usa ha messo in guardia il suo imprevedibile successore, sperando che Donald Trump «avrà la volontà di tener testa» a Putin, nel caso di non rispetto degli impegni internazionali. Angela Merkel è soprattutto preoccupata per le scelte protezioniste degli Usa, come rassegnata alla prospettiva della morte del Ttip, il discusso trattato commerciale transatlantico, che, secondo le sue parole «ora non può essere concluso».Nel gioco simbolico di queste ore, dove non c’è nessuna decisione pratica da prendere, Merkel sottolinea la necessità di recuperare l’unità perduta della Ue, della quale è anche responsabile, con l’imposizione dell’austerità. Obama ha fatto lo stesso, scegliendo di fermarsi prima in Grecia, paese che ha lottato contro l’austerità imposta dalla Germania rischiando di essere escluso dall’euro. Ma Grecia e Germania hanno un punto in comune: hanno accolto i rifugiati, Atene con «compassione straordinaria», ha affermato il presidente Usa, mentre molti altri chiudevano le frontiere.

 

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La Ue dell’addio è molto diversa da quella dell’inizio delle due presidenze Obama, c’è il terremoto del Brexit (che il presidente Usa ha vanamente cercato di evitare), il vecchio continente è sempre più circondato da regimi autoritari (ultima la svolta del califfo Erdogan in Turchia), e anche al suo interno ecco segnali di derive (Ungheria, Polonia, il 4 dicembre l’Austria potrebbe scegliere un presidente di estrema destra), mentre resta aperta la questione dell’Ucraina.

Le elezioni a venire, in particolare in Francia, possono riservare brutte sorprese. Nel Medioriente vicino le guerre feroci continuano, le relazioni con la Russia di Putin sono tese. Obama, che aveva cominciato il suo mandato più attento all’Asia e con una certa indifferenza verso l’Europa, ha definito Merkel «la sua più vicina alleata degli otto anni di presidenza» (anche se c’è stato un momento di grave crisi con la scoperta dello spionaggio del telefono della cancelliera da parte della Nsa nel 2013). Per ragioni in parte diverse – Merkel nel 2017 affronterà di nuovo le elezioni per un quarto mandato – la visita a Berlino è stata posta sotto il segno della difesa dei «valori», in contrasto con il trionfo della «post-verità». In realtà, molti di questi «valori» non sono stati rispettati negli anni scorsi – a cominciare da quelli difesi da Obama in un discorso proprio a Berlino nel 2008 contro le armi nucleari – e le società si trovano ad affrontare un aumento delle diseguaglianze e della povertà straordinario (ieri in Francia il Secours Catholique ha denunciato che ci sono ormai 9 milioni di poveri).

Obama e Merkel continuano a credere in un mondo plurale, ma si rendono conto che è necessario che «americani e tedeschi colgano l’opportunità di dare forma a una globalizzazione in accordo con i valori e le idee» difesi dall’occidente (testo congiunto pubblicato dal settimanale Wirstschaftwoche). Merkel, nel primo contatto con Donald Trump, ha insistito su «democrazia, libertà, rispetto delle leggi e della dignità umana, indipendentemente dalle origini, colore della pelle, religione, genere, orientamento sessuale o visione politica», come base per un dialogo.