In un’epoca contrassegnata dal numero crescente di studiosi di filosofia che si auto-affibbiano il titolo di «filosofo», la figura di Giovanni Reale ha spiccato per la sua sobria ma autorevolissima capacità di essere e ritenersi anzitutto uno «storico della filosofia».

Uno studioso alla vecchia maniera (nato a Pavia nel lontano 1931), insomma, che applicava la hegeliana «fatica del concetto» allo studio ermeneutico e filologico dei grandi classici dell’antichità (in particolare la filosofia antica, da Aristotele a Plotino, passando per Platone e Socrate), senza però rinunciare a interpretazioni personali e spesso in contrasto con la vulgata, né a partorire una propria weltanschauung che di quegli studi era al tempo stesso il derivato e un onesto tentativo di attualizzazione per il tempo presente. In ciò risiede la cifra che permette di comprendere la figura di uno dei più grandi esperti italiani di filosofia antica a livello internazionale. Ovvero il suo dialogo continuo, faticoso, molecolare con i grandi classici del pensiero scrostati dalle interpretazioni semplificanti o di comodo per poi essere ricondotti a un’unitarietà che, solo a quel punto, può rivelarsi utile e proficua anche nell’analisi della contemporaneità.

In questo modo, è possibile comprendere la grande operazione di Reale, capace per esempio di opporsi alla tesi positivistica, e fino a quel momento dominante, di Werner Jaeger, e dimostrare come gli scritti metafisici di Aristotele costituissero un’opera unitaria e sistematica e non un coacervo di riflessioni frammentarie ed estemporanee (Il concetto di filosofia prima e l’unità della Metafisica di Aristotele, 1961).
Sempre la sua capacità meticolosa e filologica di scandagliare il pensiero di un autore lo ha condotto a scoprire e teorizzare l’esistenza di un «altro Platone», finalmente liberato dalle fumose e improduttive interpretazioni del romanticismo risalenti a Schleiermacher. Attraverso un lavoro impressionante e incrociato sulle testimonianze di contemporanei e discepoli del filosofo dell’Accademia, infatti, Reale ci ha riconsegnato un Platone che va compreso attraverso le sue teorie esoteriche (quelle non scritte e non rivolte al pubblico ampio, chiamate essoteriche), e che a quel punto ci si rivela pensatore sistematico e persino dogmatico (Per una nuova interpretazione di Platone, 1997).

Un lavoro metodologicamente opposto, ma con il medesimo scopo di rivelare l’essenza di un pensatore al di là delle vulgate spurie, Reale lo ha compiuto anche nei confronti di Socrate, la cui individuazione di un nucleo filosofico portante sembrava annichilita dagli studi di Olof Gigon, in cui si sosteneva l’impossibilità (e la sterilità) di un’operazione del genere nei confronti di un autore che nulla aveva lasciato di scritto. Grazie al suo lavoro metodico di ricostruzione e comparazione, invece, Reale riusciva a restituirci un Socrate il cui fulcro speculativo andava individuato nella «psyche» quale facoltà fondante dell’uomo che pensa ed elabora il mondo esterno, senza accontentarsi di teologizzare e assolutizzare i dati fisici ed esteriori (Socrate. Alla scoperta della sapienza umana, 1999).

La sua non comune capacità di studioso era destinata a incrociarsi con il dato biografico quando, lui che era una persona profondamente cristiana e alla costante ricerca dei fondamenti culturali e filosofici di questa sua tensione metafisica, riuscì a smontare letteralmente la tesi di Eduard Zeller, che voleva vedere in Plotino un pensatore panteista e immanentista. Reale, invece, certamente mosso anche dalle proprie convinzioni religiose, che egli aveva utilizzato anche nell’esegesi di Platone e, in generale, nell’individuazione di un pensiero antico che fosse in stretta comunicazione con la successiva esplosione del cristianesimo, riuscì ad affermare una visione del grande pensatore neoplatonico come teorico dell’«Uno» trascendente e unitario, e in questo senso figura di collegamento imprescindibile fra l’universo pagano e quello cristiano (Plotino. Enneadi, a cura di Giovanni Reale, 2002).

Queste operazioni culturali che lo hanno reso celebre a livello internazionale, si inseriscono comunque all’interno di studi, e di una produzione, che lo hanno portato a spaziare lungo tutta la storia della filosofia, anche se con una preferenza marcata per il mondo classico e cristiano. Memorabili i suoi scritti su Il pensiero antico (2001), ma ancor di più il suo ponderoso lavoro sulla Storia della filosofia antica (5 voll., 1975) e il manuale per i Licei scritto insieme a Dario Antiseri, nato concepito e sviluppato con l’intento preciso di fornire un controcanto ai manuali di stampo marxistico e positivistico.

Dai suoi studi è emerso, però, anche un pensiero autonomo ed originale, che lo ha portato ad opporsi fieramente al furore nichilistico dei tempi presenti, fino a denunciare, con evidenti intenti umanistici, «lo squilibrio sempre crescente fra il progresso tecnologico ed economico, da un lato, e il mancato progresso dell’uomo nelle dimensioni spirituale, etica e sociale, dall’altro» (Radici culturali e spirituali dell’Europa, 2003).
Giovanni Reale è stato anche un intellettuale impegnato, come per esempio quando intervenne nel caso di Eluana Englaro e, pur da cattolico, condannò il dogmatismo del governo e della Chiesa nel ostinarsi a «farla sopravvivere al prezzo della vita».

Non v’è dubbio che, con la sua morte, Sofia ha perso uno dei suoi amanti più fedeli e appassionati.