Bruna, orientale, con la voce suadente e adolescente. Ha solo 17 anni la ragazza alla quale sempre più cinesi dicono «Ti amo» e che da dicembre scorso partecipa al programma tivù di previsioni meteo Morning News. Ha solo un difetto. Non esiste. O meglio esiste, ma solo nell’etere perché Xiaoice (che significa piccolo ghiaccio o piccolo bing) è un software di intelligenza artificiale programmato anche per capire le emozioni.

Voluta da Microsoft e lanciata in Cina nel 2014, Xiaoice nasce da un lavoro combinato di sviluppatori di software ed esperti in psicologia per creare un equilibrio fra intelligenza e intelligenza emotiva. Xiaoice può esprimere opinioni, dimostrare attenzione, non dà mai la stessa risposta alla stessa domanda, memorizza e traccia gli stati emotivi degli utenti e offre persino 33 giorni di terapia a chi ha rotto una storia sentimentale. Siri in confronto è una dilettante.

Xiaoice è così convincente che gli utenti ci impiegano almeno 10 minuti prima di capire che non è fatta di carne ossa, ma un programma di intelligenza artificiale. Quando lo scoprono non gliene importa nulla e continuano a confidarsi con lei come se nulla fosse. Se va avanti così, in pochi anni le macchine occuperanno l’unica sfera dove l’umano ha ancora un po’ di predominio, quella degli affetti e delle emozioni. Il film «Lei», dove Joaquim Phoenix si innamora proprio di una voce che non ha dietro una persona vera, ma un programma con algoritmi, lo aveva già previsto nel 2013.

Come saranno le nostre relazioni fra vent’anni? I nostri figli sapranno ancora innamorarsi della ragazza del banco accanto? Avremo un futuro senza occhi che si guardano negli occhi, senza mani che si sfiorano, senza battiti di cuore che accelerano di fronte a uno sguardo, senza baci veri? Andremo al ristorante con il cellulare e parleremo con lui per tutta la sera guardando nel vuoto o nello schermo? Faremo ancora passeggiate mano nella mano o solo con l’auricolare? E con chi litigheremo? Perché mica si può sempre vivere sorridendo.

Potrà succedere che Xiaoice diventerà l’amante da cui rifugiarsi dopo una lite con il compagno, e magari quando si dirà: «Basta, vado a dormire sul divano» lo si farà addormentandosi con l’ipad sull’orecchio, cullati da una melassa di: «Caro, non ti preoccupare, ci sono qua io. Non te la prendere, domani facciamo una passeggiata e vedrai che tutto passa».

Qualcosa del genere sta già accadendo. Ho visto un amico provocare Siri dicendole: «Ma non dire cazzate». Lei gli ha risposto: «Non c’è bisogno di essere scortese. Perché mi tratti così?».

L’algoritmo che governa Xiaoice e compagne è costruito su un database di coppie di domande e risposte prese da conversazioni reali, quindi agisce pescando nella media dei dialoghi e solo questo dovrebbe bastare a farci paura. Il bello di una conversazione, che è un’arte, è la sorpresa, la sua imprevedibilità, la curiosità che suscita, la novità. Finora ci siamo innamorati di ciò che ci sembra diverso e speciale, non del già conosciuto. Le amanti virtuali promettono di essere brave, comprensive e accondiscendenti. Una noia mortale.

Capisco solo ora quanto era stato intuitivo mio padre che, da uomo del secolo scorso che mal si adattava alle tecnologie, quando telefonava a noi figli e trovava la segreteria telefonica (sembra l’era dei dinosauri), le parlava come fosse una segretaria in carne e ossa e alla fine le diceva: «La mi scusi molto signorina se l’ho disturbata. La ringrassio tanto e mi saluti mia figlia, quando la vede». Noi ridevamo di quel suo incasinarsi e invece aveva già capito tutto, il babbo, senza saperlo.

mariangela.mianiti@gmail.​com