«Bisogna cambiare radicalmente la legge di Stabilità, perché è sbagliata. È una balla che sia espansiva: non crea più posti di lavoro e non riduce le disuguaglianze. È tutta sbilanciata verso le imprese e non mette in discussione l’austerity europea, ma anzi la applica pienamente». Maurizio Landini non salva nulla o quasi della manovra del governo Renzi, e il 21 novembre – sabato della prossima settimana – chiama a raccolta il popolo della Fiom e della sinistra per una manifestazione a Roma.

«Unions! Per giuste cause» il nome della manifestazione, che non è affatto e soltanto una protesta sindacale: o meglio, lo è nel senso che Landini vuole dare alla sua Coalizione sociale. Si scende in piazza per il contratto dei metalmeccanici, infatti – e la mobilitazione è stata indetta dall’Assemblea dei delegati Fiom – ma poi ci sono tante rivendicazioni politiche che vanno oltre il recinto del contratto delle tute blu, o che se vogliamo lo allargano.

Infatti si parla di pensioni, fisco, lotta all’evasione, diritto al reddito e alla scuola pubblica, difesa della Costituzione. E tutta la Coalizione sarà in piazza: quindi studenti, partite Iva, freelance e autonomi, immigrati, associazioni che si battono per i diritti e contro le povertà. «Perché Unions è prima di tutto antifascista e antirazzista», sottolinea il segretario della Fiom.

Ci sarà anche la Cgil, che con il direttivo di qualche giorno fa ha inserito questa manifestazione nel percorso di contrasto al Jobs Act e alla legge di Stabilità, insieme a quella che il 28 porterà in piazza il pubblico impiego. «Si è stabilito che entro dicembre la Cgil presenterà il suo progetto di un nuovo Statuto dei lavoratori – spiega Landini – E poi tra gennaio e febbraio si terrà la consultazione nei posti di lavoro: verrà messo ai voti anche il lancio di un referendum abrogativo delle parti negative del Jobs Act».

Quanto al contratto, Landini ha spiegato che per la prima volta dopo anni di divisioni c’è un tavolo unico, e che Fim, Fiom e Uilm, pur avendo due piattaforme separate, stanno in qualche modo lavorando insieme: «La nostra piattaforma propone una innovazione assoluta: rinnovare il contratto ogni anno, come si fa in Germania, non tenendo conto solo dell’inflazione, ma aumentando, quando è possibile, il potere reale delle buste paga». Tra i criteri di cui si dovrà tenere conto c’è non solo la crescita del Pil, ma anche quella di settore, il che mette il sindacato in una situazione nuova: perché lega più strettamente il destino di lavoratori e imprese, qualora queste ultime accettino di farli partecipare realmente.

Al governo, la Fiom chiede di defiscalizzare gli aumenti di primo livello, mentre – se legge dovrà esserci – «non si decidano i minimi salariali da parte della politica, ma si rendano minimi sotto cui non si può scendere quelli stabiliti dai contratti». E sulla rappresentanza: «Noi siamo per tradurre, per legge, o in assenza, nel contratto, l’accordo con Confindustria del 10 gennaio, dove si parla di certificazione e di voto dei lavoratori su tutti gli accordi».

Il contratto dovrà poi contenere «rimandi alla contrattazione integrativa», dovrà «assicurare il diritto soggettivo alla formazione dei lavoratori», e «ridiscutere gli orari: dove si produce di più, ridurli e far lavorare più persone». Garantire i diritti nei passaggi di appalto, e assicurare a tutte le figure – qualsiasi rapporto di lavoro abbiano – un corredo di tutele base: minimi salariali, ferie, malattia, infortuni, tfr. Infine, si chiede alle imprese un impegno comune: indirizzare gli investimenti del fondo pensione dei metalmeccanici – «450 mila iscritti, il più grande d’Europa» – verso aziende presenti in Italia.

Temi che parlano a tutti i lavoratori, non solo alle tute blu, sottolinea Landini. Accanto a lui, un lavoratore autonomo di «Officine zero», e una studentessa di Rete della Conoscenza, che ha ricordato una manifestazione del 17 novembre, prima della piazza del 21.

Sulla legge di Stabilità, «serve una lotta vera all’evasione fiscale: l’innalzamento della soglia dei contanti non va bene». Poi il capitolo pensioni: «Ridurre l’età pensionabile, modifica del contributivo puro, anche con solidarietà». Ok all’istituzione di un «reddito di dignità». Gli ultimi due punti sembrerebbero un ok alla proposta Boeri (tagliare le pensioni d’oro per assicurare 500 euro mensili agli over 55 senza lavoro).

Infine: fermare i tagli alla sanità, e quelli a Caf e patronati. Ricostruire gli ammortizzatori sociali, decurtati dal Jobs Act. Allargare la no tax area e rivalutare le pensioni. Un piano di investimenti pubblici per creare lavoro, sostenuto da una patrimoniale sui ricchi.