Le nuove norme contro la corruzione sono da ieri legge. La Camera ha approvato il testo in via definitiva, con il voto contrario, per motivi opposti, di Forza Italia e del Movimento 5 Stelle e con l’astensione della Lega. Matteo Renzi tripudia: «Legge importante, che riavvicina i cittadini alla politica, quando questa decide». Il ministro della Giustizia Andrea Orlando è anche più festoso: «La nuova legge rende l’Italia più forte. Il governo mantiene le promesse». Ma in realtà anche le voci abitualmente critiche interne al Pd, come Rosi Bindi, e Sel applaudono la legge.

Giustamente. I limiti ci sono, ma il sensibile passo in avanti pure. Il falso in bilancio torna a essere reato. C’è una distinzione netta tra le società quotate in borsa e quelle non quotate, che è all’origine delle principali perplessità espresse sulla legge. Per le società quotate le pene vanno dai 3 agli 8 anni, per quelle non quotate dagli 1 ai 5 anni. Il punto dolente è che le intercettazioni sono consentite solo per i reati che prevedono un tetto massimo di pena superiore appunto ai 5 anni. In questo caso, dunque, non saranno possibili.

Il secondo aspetto fondamentale della legge riguarda l’allungamento dei tempi di prescrizione, da sempre la via più battuta da corrotti e corruttori per evitare la condanna. Le pene sono aumentate sia nel massimo che nel minimo di due anni: da 4 a 6 e da 8 a 10 anni, il che rende effettivamente la prescrizione decisamente meno a portata di mano. Renzi esagera quando proclama che «con questa legge la prescrizione non sarà più possibile» ma esagerano parecchio anche i pentastellati, fingendo che la misura non modifiche in nulla di sostanziale le cose. Molto più realistica la valutazione di Libera, che parla di legge non più rinviabile ma che deve ora essere completata.

«Una certa farraginosità nel definire la prescrizione c’è ed è vero che la legge interviene soprattutto sulle pene senza affrontare il problema delle radici della corruzione. Tuttavia che il ritorno del falso in bilancio come fattispecie di reato sia un cambiamento importantissimo è innegabile», afferma il capogruppo di Sel Arturo Scotto spiegando i motivi del sì. Di tutt’altro parere l’M5S, che bolla la legge come «timida e senza coraggio». I pentastellati avrebbero voluto pene più severe, maggiore chiarezza sui termini di prescrizione, una sorta di “daspo” per i corrotti e, soprattutto, l’inserimento della figura chiave dell’agente provocatore. In parte il problema che pone il Movimento 5 Stelle è reale, perché tocca il nodo, segnalato anche da Scotto, di una legge che si muove solo sul versante della pena e non su quello della prevenzione e soluzione. Va da sé che una legge in parte soggetta al condizionamento dell’Ncd non potesse essere perfetta. Tuttavia bocciare il provvedimento con il consueto metodo del «più uno», chiedendo cioè di fare meglio e di più ,avrebbe portato l’intero sistema della corruzione a stappare champagne a volontà.

Tra i plaudenti c’è anche il padre dell’originario progetto di legge, poi modificato in più punti dal governo, il presidente del Senato Pietro Grasso: «Felice che la legge ci sia. E’ arrivato Godot». Una citazione di se stesso: «Stavolta Godot arriva» aveva profetizzato ottimista appena due mesi fa.(a. co.)