Non la verità di comodo e nemmeno quella di riserva. A poco più di due mesi ormai dal sequestro, dalla tortura e dall’uccisione di Giulio Regeni, siamo a nessuna verità per questo delitto di Stato.

Ieri il governo italiano, come aveva promesso, è corso finalmente ai ripari e ha richiamato l’ambasciatore al Cairo. Sono in gioco affari miliardari, ma la verità vale molto di più, come urla la famiglia di Giulio Regeni.

Il vertice di due giorni tra i tanto attesi investigatori egiziani e quelli italiani, era probabilmente caricato di troppe aspettative. Quel che ora si evidenzia con il suo fallimento non è solo l’incompletezza apparsa subito evidente del dossier arrivato dal Cairo, ma la precisa volontà politica del regime egiziano del generale-presidente Al Sisi, di restare sulla linea della reticenza autoritaria quanto impunita.

Così è se vi pare, insomma.

Dopo tante menzogne, depistaggi e messe in scena. Dall’intervista di Al Sisi a Repubblica, alla sceneggiatura servita su un piatto d’argento di documenti e presunti effetti personali di Giulio Regeni dopo l’uccisione di quattro malviventi indicati come i responsabili del sequestro.

Un teatrino costruito dal ministro degli interni egiziano che poi ha smentito se stesso; e dopo le ripetute provocazioni del ministro degli esteri egiziano su “Regeni caso isolato”.

Ci troviamo di fronte all’arroganza di un regime esaltato dal presidente del consiglio Matteo Renzi, come il “nuovo leader emergente del Medio Oriente”, e che invece ha fatto delle sparizioni forzate e violente, della tortura e delle uccisioni la sua pratica quotidiana di potere.

Inascoltata a quanto pare la voce del direttore di Al Ahram, Abdel Hadi Allam che sei giorni fa, anche evocando lo spettro del disastro di una rottura diplomatica ed economica con l’Italia, aveva chiesto al regime di fare chiarezza e dire la verità.

Se viene tacitata anche una voce autorevole e ufficiale alla quale fa riferimento l’opinione pubblica egiziana, vuol dire che siamo di fronte ad una svolta ancora più drammatica e arrogante.

Proprio mentre ieri al Cairo Al Sisi celebrava il nuovo patto strategico con l’Arabia saudita, arrivata in soccorso con il re Salman a stringere, in un abbraccio miliardario e mortale, l’Egitto.